Non sempre il Cinema è riuscito a interpretare l’essenza di un Paese, perché Cinema coincide con finzione e sarebbe fuorviante credere che alcune cinematografie nazionali siano esattamente lo specchio dei paesi che le hanno prodotte. Però anche l’immaginazione o la volontà di rappresentarsi con determinati tratti anziché con altri appartiene al DNA dei Paesi che hanno dato vita a un certo genere o a un’epopea della storia della Settima Arte. Così tanto ricorderemo l’Italia per i telefoni bianchi e alcune squisite commedie disimpegnate del Ventennio, ma altrettanto per l’apporto fondamentale che seppe offrire al mondo col Neorealismo;  

Il talento di sapersi costruire un cinema autoriale dalla qualità tuttora inarrivata e quello di discostarsene con un cinema di genere, come lo spaghetti western e il poliziottesco, che fecero scuola nonostante non badassero sempre a criteri rigorosi. E allo stesso modo tutti ricordano la Francia della Nouvelle Vague contrapposta a quella più cupa e malinconica che la precedette, quella del milieu;

e quanti d’altronde potrebbero negare che l’immaginario hollywoodiano, con tutte le sue iperboli, contraddizioni, esagerazioni, non abbia contribuito a formare il mito d’America per almeno cinquant’anni? Il western come “madre” di tutti i generi e incarnazione felice del grande spazio nell’America dell’Ovest, e così l’Hollywood classica portatrice del sogno americano e la New Hollywood, che ne mostrava di contro l’incubo.

Dunque l’Oriente- col Giappone in primis – non fu solo ciò che realmente alcuni autori dallo spirito “occidentale” volevano mettere in immagine, ma anche più in profondità qualcosa che si legava, in un’analisi verticale e di secondo livello, a tratti inconsci della sua storia lontana dai riflettori e dalle luci…

Rubrica a cura di Luigi Luca Borrelli e Giacomo Somazzi