All’inizio degli anni trenta del XXI secolo l’Unione Europea, come istituzione, piombiò nel baratro dello scontro nazionale e nella divisione fisica tra aree. Le crisi iniziate negli anni venti si acuirono generando delle forze centrifughe che condizionarono le politiche dell’Unione. La Catalunya iniziò il suo cammino teso ad affrancarsi da Madrid, incendiando la miccia delle rivendicazioni regionali e di aree economiche interne all’Unione Europea: si venne a creare un’Unione Europea a trazione regionale. Le spinte di aree economiche contigue ed integrate esclusero de facto ampi spazi del continente a vantaggio di un’area centrale basata sull’asse alsaziano-tedesco-padano, che incrementò gli scambi commerciali e tecnologici creando un core industriale e finanziario che vide in Francoforte e Milano le due città di riferimento. La simbiosi economica tra la Padania ed il mondo germanico si manifestava anche  mediante interscambi culturali e turistici, dove l’autostrada del Brennero divenne l’asse principale. Benché formalmente fosse rimasto in vigore il trattato di Schengen, in queste aree si verificò una divisione culturale che estromise chi non conosceva il tedesco, diventata lingua commerciale ed economica dell’area, agevolata dal fiorire di centri culturali. Ad est di questo core economico i paesi di Visegrad rafforzarono  i confini fisici innalzando barriere lungo la vecchia cortina di ferro per arginare i flussi migratori che risalivano i Balcani e contemporaneamente rivendicarono fattori etnico-nazionali che esclusero qualsiasi flusso esterno, anche proveniente da aree interne dell’Unione. La rigidità della politica migratoria non consentì un reale sviluppo economico dell’area ancora legata alle performance del grande vicino tedesco, ma garantiva una tranquillità di facciata a livello sociale e politico.

 Nella zona del limes est europeo si costituì un’area moderna ed attiva che ricopriva quasi tutta l’area della lega anseatica  di medioevale memoria. Quest’area riuscì ad integrare i sistemi di comunicazione e di produzione, diventando la prima regione europea per informatizzazione e sicurezza informatica, diventando un baluardo nei confronti dell’aggressività cyber della Russia. Infatti fu costruito il più potente firewall a difesa della rete continentale ed allo stesso tempo i piccoli stati baltici costituirono le unità cyber più sofisticate del continente in grado di fronteggiare le minacce esterne provenienti dall’ ingombrante vicino e da altri attori internazionali.  Il gigante russo  estese la sua influenza in aree considerate dominio “occidentale” sin dai tempi degli imperi centrali; a causa di incomprensioni e veti l’area sud balcanica e la  Turchia confluirono nell’ Unione Economica Euroasiatica promossa da Mosca nel lontano 2015. Le  politiche del premier turco Erdogan negli anni venti portarono la Turchia fuori dalla NATO  ed all’interno dell’orbita russa, sancendo così una cesura tra la spinta di occidentalizzazione nata durante gli ultimi anni dell’impero ottomano e strutturata nella repubblica turca fondata da Mustafa Kemal. La Turchia eresse un confine presidiato nella sua parte europea per arginare le contiguità con l’UE: l’Unione e la ridimensionata NATO furono costretti a schierare truppe in supporto alla Bulgaria per timore di un’aggressione che avrebbe riportato l’area indietro di qualche secolo, quando le truppe ottomane risalirono la Tracia fino alle porte i Vienna.

La mancata adesione all’UE di Macedonia del Nord ed Albania causò l’ingresso nella sfera di influenza russa dei due stati, aprendo i porti adriatici a Mosca: il sogno degli Zar si avverò! La presenza russa nella penisola balcanica causò nuove tensioni nella regione che fecero presagire lo scoppio dell’ennesima guerra balcanica.

Intanto l’Unione Europea accolse il primo stato secessionista: la Scozia. A seguito di un referendum a circa vent’anni dal primo, Edimburgo lasciò la Gran Bretagna per unirsi formalmente all’Unione Europea: si venne così  a creare un ulteriore regionalizzazione dell’Unione che nella pratica ricalcava il Trattato di di Bruxelles del 1948: BENELUX, Francia, Scozia al posto della Gran Bretagna.    

Ed il sud Europa?Le tre grandi penisole si accollarono lo sforzo di contenere le pressioni migratorie e di arginare la penetrazione cinese. La crisi migratoria peggiorò negli anni trenta, costringendo gli stati meridionali del continente a trovare una soluzione diversa dal contenimento e respingimento: la riscoperta del Mediterraneo come trait d’union di una millenaria civiltà che si era formata sulle sponde del mare nostrum. Orano, Tunisi, Algeri, Alessandria, Tobruk, Barcellona, Marsiglia, Atene, Siracusa divennero punti di una rete che cercò di integrare migliaia di immigrati, sfruttando le opportunità della Belt and road initiative  cinese: un altro attore era penetrato nella sfera europea.

I TEMI IN BREVE Le vulnerabilità continentali nei Balcani, in seguito alla mancata approvazione del processo di adesione all’unione della Macedonia del nord e dell’Albania,  potrebbero agevolare l’ingresso della Russia nel cuore dell’Europa, causando uno squilibrio geopolitico che porterebbe causare l’ennesimo conflitto nella regione. L’eventuale allontanamento della Turchia dalla NATO e dall’UE causerebbe uno sbilanciamento dell’asse di potere verso la Russia che avrebbe il controllo del Mediterraneo nord orientale.La crescente pressione russa nell’ infosfera europea causerebbe un caos superiore a quello generato dalla presunta  information war e messa in atto durante la campagna referendaria del 2016 in Gran Bretagna.La crisi migratoria potrebbe accelerare elementi di disgregazione a causa della mancata creazione di strutture permanenti di gestione.La Cina potrebbe abbracciare il continente europeo nella sua morsa, accrescendo il ruolo geostrategico nel controllo dei traffici nei porti continentali e dei  cavidotti  che trasportano le informazioni.