L’area racchiusa tra la penisola coreana e il Mar del Giappone riveste un’importanza strategica, soprattutto per la politica estera cinese. Tutti i Paesi dell’area rientrano con differenti sfumature di grado nella sfera d’influenza del Dragone a cui fanno da contraltare le storiche relazioni che gli Stati uniti possono vantare con la Corea del Sud, il Giappone e Taiwan. Una vera e propria bomba a orologeria.

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Fonte: Google Maps


Partiamo dalle due Coree. Uno degli obiettivi più volte dichiarato da Xi Jinping è quello di portare a termine una serie di accordi regionali in maniera da garantire una stabilità locale e garantire l’espansione di Pechino. La visita istituzionale del presidente cinese in Corea del Nord, nel giugno scorso, ha avuto questo scopo. Partendo dalle relazioni consolidate, figile del trattato di mutua difesa siglato nel 1953, la visita è servita soprattutto per fare il punto sulle tensioni nucleari tra Kim Jong Un e il presidente Usa Donald Trump.

Il compito principale delle forze statunitensi sul territorio sudcoreano è quello di scoraggiare la Corea del Nord ad aggredire il paese confinante, implementando la cooperazione tra i due paesi in termini di sicurezza. A tal proposito le sempre ottime relazioni diplomatiche e militari tra Seul e Washington hanno permesso agli Stati Uniti di utilizzare il territorio sudcoreano come “base” per assetti strategici in Asia orientale. L’accordo prevede la presenza fissa di 28.500 truppe americane sul suolo sudcoreano ma anche di sistemi d’arma, su tutti il sistema missilistico statunitense Thaad.

Spostandoci verso sud-est troviamo il Giappone. Il rapporto strategico e militare con la Cina può definirsi di amore e odio. Il Giappone ha supportato la Cina nel momento della sua ricostruzione durante il periodo delle riforme ma oggi la tensione è aumentata, soprattutto a causa di rivendicazioni nazionalistiche mai del tutto sopite. In campo commerciale la Cina ha diminuito gli investimenti nel paese del Sol levante, il che ha fatto sì che quest’ultimo non sia entrato nella Banca di investimenti infrastrutturali asiatica. Nonostante queste tensioni, i due Paesi continuano a intrattenere intensi scambi commerciali: un’eventuale interruzione non gioverebbe a nessuna delle due parti. 

Nei confronti degli Stati Uniti, il Giappone è un fedele alleato, come suggellato dal Quadrilateral Security Dialogue (ndr Quad), accordo informale che include anche India e Australia. Un accordo nato nel 2008 ma “rispolverato” di recente per l’importanza strategica che sta assumendo la regione soprattutto in chiave anti-Pechino.

Fonte: http://www.dailydefencenews.com/new-anti-china-quadrilateral-security-dialogue/


L’India, altro paese di fondamentale importanza geostrategica, come gli Usa non vede di buon occhio l’iniziativa della Nuova via della Seta e il consolidamento delle relazioni tra Cina e Pakistan. Negli ultimi tempi ci sono state tensioni tra gli Usa e Cina a seguito del bando statunitense all’azienda Huawei e alcuni paesi come Giappone e Australia hanno seguito le orme del potente alleato. Alleato che può contare su ottime relazioni con gran parte dei Paesi dell’area (dall’India al Giappone, dalla Corea del Sud alle Filippine, dalla Malesia all’Indonesia, per finire con Australia e Nuova Zelanda), anche se l’assenza di Trump alle ultime riunioni dell’Asean potrebbe aver provocato un’inversione di rotta.

Una menzione particolare merita il caso di Taiwan. Le vicende occorse al termine della guerra civile cinese nel 1949 hanno fatto sì che dalle resti del Celeste impero nascessero due Cine: una continentale in cui Mao Zedong diede vita alla Repubblica Popolare Cinese, e una insulare dove il leader nazionalista del Kuomintang Chiang Kai-shek fondò la cosiddetta Repubblica di Cina, uno stato di fatto retto da principi socio-economico di stampo occidentale, motivo che ne esalta la vicinanza “spirituale” con gli USA. 

Dal punto di vista internazionale, Taiwan non è ovviamente riconosciuto dalla Cina né da altri stati vicini a Pechino ma, ciononostante, intrattiene relazioni commerciali con molti attori del panorama internazionale che la rendono una delle maggiori economie asiatiche. Gli Usa sono uno dei principali partner di Taiwan, cui sono legati da un accordo stipulato nel 1979, il “Taiwan Relations Act”, che li obbliga a intervenire qualora la sicurezza dell’isola sia a rischio. Obbligo ribadito dall’Atto di autorizzazione alla difesa, firmato da Trump nel 2017, che prevede l’invio di navi americane in caso di tentativo di conquista di Taiwan.

Taipei, capitale di Taiwan (fonte: Pixabay)


Non sono mancate tensioni anche di recente, quando nel 2014 il leader taiwanese Ma Ying-jeou fu oggetto di aspre proteste, simili a quelle che scuotono da mesi Hong Kong, a seguito di un suo presunto avvicinamento a Xi Jinping che gli costò la riconferma alle successive elezioni: nel 2016 fu infatti sconfitto da Tsai Ing-wen, decisamente più orientato alla completa indipendenza dalla Cina. Gli Stati Uniti furono accusati di aver innescato le proteste per svincolare Taiwan da Pechino e proteggere così i propri interessi militari nel Pacifico. Interessi ribaditi e consolidati qualche mese fa con l’ingente vendita di armi al governo di Taipei da parte degli Usa per una cifra vicina ai 2,2 miliardi di dollari. Dichiarazione d’intenti fin troppo palese che non è certo passata inosservata a Pechino.