A cura di Federico Di Matteo

Da quattro miliardi e mezzo di anni il Sole scalda il nostro pianeta – i suoi raggi sono carichi di energia termica, ma solo negli ultimi decenni si è compreso che quest’ultima potesse essere convertita in energia elettrica, sfruttando tutta la potenza della nostra stella.

Esistono due sistemi per far ciò:

-Solare a Concentrazione: grazie a degli specchi la luce viene concentrata in un unico punto (simile a quando usi una lente di ingrandimento per accendere il fuoco) che si scalda così tanto da poter alimentare una centrale termo-elettrica, che consuma combustibili fossili per raggiungere simili temperature.

Impianto Solare a Concentrazione; la torre è il ricevitore centrale. Fonte: Lifegate

-Fotovoltaico: l’energia dei raggi solari, detta fotoni, in particolari condizioni può colpire direttamente gli atomi, eccitandoli e facendoli “scappare” dal proprio atomo; incanalandoli in un circuito si crea un flusso di elettroni, ovvero l’elettricità. Questo è detto per l’appunto effetto fotovoltaico, e tra i materiali in cui ciò avviene il più utilizzato è il Silicio.

Funzionamento Fotovoltaico. Fonte: fv-fotovoltaico.blogspot

Già ai tempi dell’Impero Romano si era concepito una fonte di riscaldamento basato sulla luce del Sole (tutt’oggi utilizzato), ma la storia moderna di questa energia inizia nel 1839, quando Edmund Becquerel scopri l’effetto fotovoltaico, che dal punto di vista teorico portò Albert Einstein a sviluppare la teoria della doppia natura della luce, energia e materia al contempo, che gli valse il premio Nobel nel 1921.

Le applicazioni pratiche aspettarono il 1953 quando Gerald Pearson creò la prima cella al silicio – progenitore di quelle attuali, ma decisamente meno performante – che pochi anni più tardi, nel 1957, venne utilizzata sui satelliti nella competizione tra americani e sovietici per il predominio dello spazio.

Satellite con pannelli solari. Fonte: Comitato Leonardo

La spinta decisiva venne dagli shock petroliferi degli anni ’70: i paesi occidentali per la prima volta dovettero rendersi conto che il petrolio è una risorsa scarsa e non sempre immediatamente disponibile, e così le tecnologie volte a sfruttare l’energia solare ricevettero nuovo impulso.

L’energia solare è quella in maggior crescita tra le rinnovabili, e la seconda più utilizzata (in prima posizione troviamo l’idroelettrico). Ha tuttavia un rendimento ancora basso: in media solo il 20% dell’energia dei raggi solari riesce ad essere convertita in elettricità.

A fine 2018 la potenza installata nel mondo era di 564 GW (circa 10 volte il picco energetico italiano), cresciuta del 24% rispetto al 2017. l’Asia ha continuato a dominare l’espansione globale, con un aumento di 64 GW (circa il 70% dell’espansione globale nel 2018). Come nel 2017, Cina, India, Giappone e Corea del Sud sono stati in prima fila, mentre altri importanti aumenti sono stati registrati negli Stati Uniti (+8,4 GW), in Australia (+3,8 GW) e in Germania (+3,6 GW) e altri mercati caldi per il FV, anche se più piccoli, sono stati Brasile, Egitto, Pakistan, Messico, Turchia e Paesi Bassi.

Potenza installata rinnovabili. Fonte: Qualenergia

Il Report Renewables 2019 dell’IEA (International Energy Agency) prevede che la capacità totale mondiale di energia da fonti rinnovabili crescerà del 50% nei prossimi 5 anni, e che il 60% sarà data dall’energia solare.

Il fotovoltaico non è però ad impatto zero; per la realizzazione di un impianto è necessaria l’estrazione del quarzo, e ricordiamo che il settore minerario è uno dei più inquinanti. Il quarzo andrà poi lavorato in fornaci ad altissime temperature, che richiederanno un notevole dispendio di combustibili fossili. Va inoltre considerato che il paese più sviluppato nella produzione di pannelli è la Cina, dove non vi sono politiche ambientali stringenti, concedendo a queste fornaci di impattare maggiormente sull’atmosfera.

Consumi per la produzione dei pannelli fotovoltaici, per regione e tipologia. Fonte: Pinterest

Oltretutto la realizzazione di grandi impianti solari occupa vaste aree di terreno, distruggendone il suolo. Nonostante ciò risulta una tecnologia con un Carbon Footprint negativo: la quantità di emissioni generate per produrre i pannelli sono notevolmente minori di quelle risparmiate durante il suo funzionamento.