Affermare che l’Italia sia un paese cronicamente disattento nei confronti del mondo scolastico dove investe poco e male tra edifici inagibili o fatiscenti, stipendi tra i più bassi d’Europa, digitalizzazione scarsissima (secondo l’indice di digitalizzazione dell’economia e della società (Desi) l’Italia è al 24° posto su 28 paesi europei), ed età media dei docenti tra le più alte del mondo, potrebbe sembrare scontato e forse inopportuno: in momenti di emergenza – sostengono alcuni – vanno trovate soluzioni e non cercati argomenti polemici.

© Camilla Bianchi

La realtà, però, si impone bruscamente e l’emergenza Covid19 ha messo completamente a nudo tutte le deficienze strutturali del nostro sistema scolastico e l’insufficienza degli investimenti (per ogni alunno in Italia, secondo l’Ocse, si spende in media 8.966 dollari l’anno contro i quasi 15 mila dell’Austria), riposizionando al centro del dibattito pubblico la scuola e il suo futuro. Tra i vari decreti che si sono succeduti in queste settimane di quarantena, l’ultimo riguardante la scuola – entrato il vigore il 9 aprile e valido sino al 31 luglio 2020, termine ipotetico dello stato di emergenza – lo strumento della didattica a distanza (DAD) da “opzionale” si è trasformato in “ordinario”,  e quindi obbligatorio per ogni docente della scuola pubblica e paritaria di ogni ordine e grado.

L’Emergenza ha quindi costretto, in meno di due settimane, alla digitalizzazione forzata della didattica nel nostro Paese abbandonando, però, alunni, professori e scuole al “fai da te” a causa della mancanza di linee guida ministeriali né piattaforme universalmente utili e funzionanti.

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Mentre il ministro Azzolina ha reso noto lo stanziamento straordinario di 70 milioni di euro per l’acquisto di device utili per la didattica che, però, risolverebbero i problemi di dotazione solo per 300.000 mila studenti, l’ISTAT, il 6 aprile 2020, ha pubblicato il rapporto Spazi in casa e disponibilità di computer per bambini e ragazzi in cui delinea una situazione tecnologicamente arretrata, a tratti emergenziale e, stando ai calcoli, evidenzia che quasi 1 milione e 600 mila ragazzi avrebbero difficoltà ad essere raggiunti dalla didattica a distanza o, addirittura, ne sarebbero tagliati completamente fuori per vari fattori tra loro correlati che proviamo brevemente ad esporre.

Il rapporto ISTAT si concentra principalmente su tre punti:


Il primo riguarda la presenza di device nella famiglie e distribuzione geografica degli stessi evidenziando una fragilità strutturale con il 33.8% di famiglie sprovviste di strumenti informatici (pc o tablet) per gli anni 2018-2019. Il 47,2 % invece ne possiede almeno uno.

Se si dà uno sguardo alle differenze territoriali, notiamo che il 41% delle famiglie del Mezzogiorno non hanno a disposizioni device per la didattica, su una media nazionale che comunque si attesta al 30%; situazione completamente capovolta nelle aree settentrionali (Trento, Bolzano e Lombardia) dove il 70% famiglie possiede un pc.

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Il secondo si concentra sulle competenze digitali nei ragazzi tra i 14 e i 17 anni dove 2/3 dei ragazzi non presenta alte competenze digitali.

Infine, l’indagine si sofferma sul sovraffollamento abitativo evidenziando come 4 minori su 10 vivano in condizioni di sovraffollamento abitativo che queste incidano, nella sostanza, negativamente sulla possibilità di “ancoramento scolastico” degli alunni sembra quasi banale affermarlo.

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Le statistiche del rapporto dipingono un Paese coerente con le altre rilevazioni Istat, spezzato in due differenti tronconi, con difficoltà e carenze strutturali nel Mezzogiorno dove i tassi di dispersione e abbandono scolastico dopo i 16 anni si assestano mediamente tra il 25 e il 37%.

Per una visione integrata del fenomeno sarebbe opportuno tenere in considerazione ulteriori dati come la scarsa o non sufficiente qualità della strutture di rete internet in diverse zone geografiche. Potrebbe sembrare un’osservazione banale ma è necessario ribadire che non tutto il territorio italiano è uniformemente cablato. Da zone coperte da connessioni ultra-veloci si passa a piccoli comuni raggiunti, con difficoltà, da regolare linea telefonica; le reali competenze e conoscenze informatiche del personale docente che, a volte scarse o appena di base, non permettono un regolare ed universale svolgimento della normale attività didattica.

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A questi si aggiunge l’impossibilità di sostenere corretti programmi di sostegno per studenti con disturbi dell’apprendimento e disabilità; il totale annullamento dell’interazione tra compagni e con il docente fondamentale nel processo formativo dello studente in cui sperimenta parti di sé fuori dal proprio contesto familiare; la rottura del nesso scuola-luogo della relazione educativa; l’accentuazione delle differenze tra le reali possibilità di apprendimento degli studenti con l’implicito aggravamento delle diseguaglianze già presenti nel nucleo classe.

La DAD è inoltre totalmente inutilizzabile per gli asili nido e le scuole dell’infanzia, e di difficile utilizzo per le scuole elementari dove, indipendentemente dalle capacità tecnologiche o le possibilità economiche familiari, pone oggettive problematicità legate all’età degli studenti, l’impossibilità/difficoltà da parte dei genitori di seguire i propri figli e la scarsa abitudine alla gestione di attività auto-regolamentate.

I punti appena elencati non sono esaustivi ma sufficienti a dimostrarci come la didattica a distanza confermi, approfondisca ed acuisca il gap socio-economico e tecnologico del nostro Paese creando i presupposti per una concreta impossibilità didattica per una fascia di popolazione socialmente e culturalmente svantaggiata. Si dimostra inoltre uno strumento non universale perché non assicura la normale continuità scolastica alla totalità degli studenti. Pertanto, non può che essere una soluzione provvisoria, di ripiego, perché non democratica in quanto, è evidente, che non tutti gli studenti abbiano eguali possibilità e in nessun modo ci si dovrebbe lasciare minimamente accarezzare dal pensiero che rappresenti l’opzione migliore da offrire, a partire dal nuovo anno scolastico, a quasi 9 milioni di studenti.