«Il calcio è un gioco, seppure mima la guerra» scriveva Gianni Brera. Ed è questo un tema sul quale spesso sociologi, antropologi, storici e filosofi hanno dibattuto, arrivando in alcuni casi a considerare il gioco del calcio come la più fedele rappresentazioni dei conflitti umani.

Alcuni avvenimenti storici hanno però ribaltato tragicamente questa visione, portando in campo la guerra e mascherandola da gioco. Come in un giorno d’agosto del 1942, quando su un malandato campo da calcio della periferia di Kiev undici nazisti affrontarono una piccola armata di liberazione, che portava il nome di Start Football Club.

I nazisti arrivano in Ucraina

La storia di questa squadra e di quell’incredibile incontro ha i contorni sfocati, come quelli di ogni leggenda che si rispetti. Le verità storiche si confondono con quelle popolari, ma proveremo qui a delineare nel modo più chiaro possibile gli avvenimenti che portarono a una delle partite di calcio diventate, a insaputa di molti, tra le più iconiche della storia di questo sport.

Uno degli avvenimenti che ha dato il via a questa storia è l’avvio dell’Operazione Barbarossa, il nome che Hitler diede alla sua disfatta (non che per gli altri sia stata una vittoria), che iniziò ufficialmente il 22 giugno del 1941. Il 16 luglio Erich Koch venne nominato Reichskommissar del Reichskommissariat Ukraine, la neonata amministrazione “civile” del Reich in Ucraina.

Fronte orientale
Il Fronte Orientale – ©wikipedia

Il forte spirito indipendentista degli ucraini, impegnato a tenere a bada le smanie di controllo di Stalin, divenne miope di fronte all’avanzata delle truppe ariane al punto da scambiare le svastiche del Reich per bandiere di libertà. Ma non tutti erano pronti a tendere il braccio al passaggio di Hitler.

In molti si diedero da fare per mettersi in salvo verso Mosca, molti altri invece rimasero a Kiev (chi per scelta, chi per imposizione), più o meno decisi a respingere gli invasori arruolandosi nell’Armata Rossa.

Kiev rovine
Kiev distrutta nel 1941 – ©wikimedia

Tra questo c’erano molti calciatori, soprattutto della Dinamo di Kiev. Alcuni di loro, tra i quali il grande portiere Nikolai Trusevich, divennero prigionieri di guerra. Quando la notizia arrivò alle orecchie di Konstantin Shteppa, capo sia del dipartimento dell’istruzione nell’amministrazione comunale che dell’Università di Kiev, non ci pensò su due volte e scrisse una lettera (insieme al Capo della Sezione di Sport e Cultura di Kiev, tale Dub’yansky) al capo dell’amministrazione di Kiev, Alexander Ogloblin, richiedendo il rilascio dei «migliori maestri dello sport ucraino: i giocatori di calcio della squadra di Kiev».

L’elenco comprendeva 8 persone: Kuzmenko, Trusevich, Klimenko, Korotkikh, Balakin, Shchegotsky (che nel frattempo aveva lasciato Kiev), Shatsky e Sukharev. I calciatori furono rilasciati dopo aver “giurato lealtà” al Terzo Reich e vennero assegnati alla quarta categoria, quella dei “sospetti”.

L’incontro tra Trusevich e Kordik

La storia di questi 8 uomini ritrovatisi sottomessi in patria al controllo nazista sarebbe probabilmente finita lì se non fosse entrato in scena Iosif Ivanovič Kordik, un ceco che viveva ormai a Kiev da diversi anni.

Kordik con l’arrivo dei tedeschi venne classificato come “Volksdeutsche”, cioè un uomo di etnia germanica, “originale razza superiore ariana, purissima” per dirla alla Benigni, che non aveva però cittadinanza tedesca. I nazisti lo mandarono al 19 di via Dehtiarivska a dirigere il Forno n. 1, uno dei panifici cittadini di Kiev.

Nikolaj Trusevich
Nikolaj Trusevich – © Wikipedia

Purtroppo quel lavoro, inizialmente visto come una fortuna, si rivelò un incubo. Kordik venne a sapere di un possibile sabotaggio organizzato nel suo panificio e avvertì la Gestapo. La sbrigativa polizia segreta tedesca dopo un primo giro di interrogatori eliminò a sangue freddo cinque lavoratori, lasciando i loro corpi nella neve del piazzale d’ingresso del forno. Era il 27 febbraio del 1942, e Kordik si ritrovò subito di fronte un problema enorme: doveva rimpiazzare quei cinque uomini per non fare la loro stessa fine.

Ovviamente nessuno si presentò per il lavoro, così Kordik decise di cercare manovali all’Evbaz, il bazar ebraico. Molti uomini vivevano vendendo accendini artigianali, Kordik li superò per poi tornare sui suoi passi, attratto da un volto familiare.

“Sei tu, Trusevich?”

Kordik era un calciofilo che aveva affidato alle partite della Dinamo Kiev buona parte della sua integrazione in terra straniera, e riconobbe subito il portierone della sua squadra del cuore.

Il grande Nikolai Trusevich

Trusevich, nato nel 1909 a Odessa, si era sempre distinto da tutti gli altri portieri. Principalmente per le sue uscite. Esordì nella prima squadra dell’Odessa ad appena 17 anni, in un campionato che non sapeva ancora cosa volesse dire “professionismo”. Ma nonostante ciò il calcio era già uno sport abbastanza seguito da fare in modo che un giornalista scrivesse:

Alcuni dei nostri portieri non possono nemmeno allontanarsi dalla porta, sembra che siano legati ai pali da una catena invisibile. Ecco perché i fan di Odessa adorano Trusevich

In anni di proto-schemi, dove al massimo si discuteva se piazzare quattro o cinque attaccanti in campo nemico, Trusevich era spesso l’ultimo baluardo contro il quale gli avversari si infrangevano.

In breve tempo divenne uno dei portieri più apprezzati dell’intera Unione Sovietica, arrivando nel 1936 a difendere la porta della Dinamo di Kiev. L’anno prima il suo nome aveva acquisito una caratura internazionale grazie alla breve tournée della Nazionale ucraina in Francia, durante la quale giocò diversi match di altissimo livello, come questa vittoria per 6 a 1 sulla Red Star FC.

Nikolai Trusevich era diventato un idolo in patria, fomentato dalla stampa sovietica continuamente alla ricerca di figure da idolatrare. Ma non tutto ciò che il portiere della Dinamo faceva poteva essere dato in pasto alla stampa, come il fatto che, nonostante le numerose relazioni che gli vennero attribuite, si sposò con una donna ebrea.

L’incredibile collezione di Kordik

Una volta tornato a Kiev dopo la prigionia Trusevich divenne un senzatetto, accettò quindi di buon grado l’offerta di lavoro di Kordik. E, dopo aver ascoltato la storia del suo portiere preferito, a Kordik non sembrava ci fosse cosa più logica da fare che chiedergli di rintracciare i suoi ex compagni per farli lavorare in fabbrica.

Così facendo, pensò probabilmente Kordik, non solo li avrebbe salvati dai nazisti che stavano martoriando l’Ucraina e il suo popolo, ma avrebbe anche potuto “collezionare” in carne e ossa i giocatori della sua squadra del cuore.

In poco tempo il Forno n.1 divenne la nuova casa di diversi giovani ex-giocatori (la maggior parte di loro proveniva da Dinamo e Lokomotiv Kiev), debilitati dalle miserie belliche ma in fondo ancora vivi e con la voglia di rinascere.

Dinamo Kiev, 1928
Dinamo Kiev, 1928 – ©wikipedia

E fu proprio Kordik e creare i presupposti formando una squadra vera e propria, con giocatori di ogni ruolo ed età, dal più giovane Mikhail Melnik al 35enne capitano Fedor Tyutchev. Li iscrisse al torneo di calcio organizzato dai nazisti, che con la scusa di creare un clima di pseudo-normalità tra la popolazione volevano vincere agilmente il torneo e dimostrare la superiorità tedesca. Non avendo idea di chi avessero davanti, i tedeschi accettarono l’iscrizione senza nessun problema. Nacque così ufficialmente lo Start FC.

Il 4 giugno 1942 la direzione della panetteria fece richiesta per le forniture della squadra, ricevendo scarpe, pantaloncini, pantaloni, ginocchiere, palloni e reti. Ma nessuna maglietta. Fu Trusevich a procurarsele, presentandosi con uno scatolone pieno di maglie invernali a maniche lunghe, rosse.

Il primo incontro dello Start FC

La prima partita dei panettieri ucraini si disputò alle 17:30 del 7 giugno. L’ingresso allo Stadio Olimpico di Kiev era gratuito e in molti affollarono gli spalti, increduli nel vedere alcuni dei loro idoli calcistici giocare contro una formazione di collaborazionisti, la Ruch. Risultato finale: un agile 7 a 2 e pubblico euforico.

Talmente tanto che lo Start non vedrà più il manto dell’Olimpico. I tedeschi, preoccupati dalle conseguenze sulla popolazione di una simile vittoria ma decisi a schiacciare sul campo quei ribelli, spostarono le restanti partite della formazione di Kordik (che dovette fare non poche pressioni perché la squadra non venisse estromessa dal torneo) nel piccolo Stadio Zenit.

Formazione Start FC
Lo Start FC (magliette scure) da sx (in piedi): Goncharenko, Sukharev, Chernega, Melnik, Gundarev, Balakin, Komarov, Timofeev – (a terra): Klimenko, Sviridovsky (capitano), Trusevich.

Le cose però andarono forse anche peggio per gli occupanti, dato che lo Start confisse senza scrupoli né patemi per 6 a 2 una compagine formata da militari ungheresi e per ben 11 a 0 una squadra di occupanti rumeni.

I nazisti capirono che le vittorie dei panettieri erano iniezioni di fiducia per gli ucraini sottomessi, e realizzarono (non abbastanza in fretta) di aver agito contro i propri interessi. Pensarono di risolvere il problema opponendo allo Start la prima squadra formata da tedeschi, ferrovieri per la precisione. Risultato: giornata fiacca per Trusevich, 6 a 0 e avversari a casa a testa bassa.

I giornali iniziarono a minimizzare le prestazioni della compagine rossa, in particolare il Новое украинское слово (traducibile come La Nuova Parola Ucraina) scrisse, dopo la vittoria contro i ferrovieri:

Questa vittoria non si può considerare come merito dei giocatori dello Start. La squadra tedesca è sì composta da forti singoli, ma non è una squadra nel verso senso della parola. Non c’è quindi nulla di sorprendente, perché parliamo di giocatori finiti per caso in quella parte di campo. Manca l’allenamento, senza il quale nessuna squadra può qualcosa. La squadra Start, com’è noto a tutti, è fondamentalmente composta dai campioni della Dinamo, motivo per cui avrebbero dovuto fare molto di più in questa partita

I ragazzi di Kordik non se lo fecero ripetere e nei due incontri successivi vinsero rispettivamente per 5 a 1 e per 3 a 2. Il popolo di Kiev era sempre più schierato a favore di quella squadra che sembrava venuta apposta per vendicare i soprusi tedeschi. Non bisogna dimenticare gli i nazisti erano entrati in Ucraina quasi senza resistenza, accolti come liberatori, ma impiegarono poco a far cambiare idea agli ucraini.

La rivincita ucraina

Molta gente, quando andava a sedere sulle gradinate dello Zenit, guardava il campo e riviveva le angherie subite nell’anno passato sotto il dominio tedesco. Poco dopo l’inizio dell’invasione infatti, il 29 e 30 settembre del 1941, i nazisti massacrarono la popolazione locale in quello che è divenuto tristemente noto come “il massacro di Babij Jar“, il terzo più grande omicidio di massa nella storia dell’Olocausto.

Come in una mostruosa catena di montaggio, in quei giorni almeno 33.771 (secondo le stime ufficiali) ebrei di Kiev si trovarono su treni dai quali uscivano in gruppi di dieci per passare davanti a un plotone della morte che, prima di mitragliarli senza pietà, rideva e gridava come una voce sola “Schnell, schnell!” (In fretta! in fretta!).

Massacro di Babij Jar
Un’immagine del massacro di Babij Jar – © romasette.it

Per gli ucraini ancora vivi seduti sulle panche di legno di quel piccolo campo ogni contrasto, ogni goal, ogni vittoria dello Start FC era una piccola vendetta, uno schiaffo in faccia ai crucchi assassini. Si scoprì che, anche se non si aveva la forza per ucciderli o respingerli, si poteva comunque umiliarli.

E i vertici del Reich se ne accorsero, tentando di fermare quegli undici diavoli rossi chiamando a rapporto la Flakelf, la squadra di calcio della Luftwaffe. Fu forse la scelta peggiore fatta dagli occupanti fino a quel momento che, davanti alle centinaia di speranzosi occhi ucraini, il 6 agosto 1942 mandarono la loro formazione migliore a farsi ridicolizzare da undici panettieri, che vinsero agilmente per 5 a 1 nonostante giocassero senza il minimo allenamento la loro ottava partita nell’arco di due mesi.

La “Partita della Morte”

A questo punto i crucchi iniziarono a prenderla sul personale, rinforzarono la squadra con nuovi innesti e organizzarono una rivincita tre giorni dopo. Ovunque il match venne pubblicizzato e il 9 agosto del 1942 le tribune dello Zenit si riempirono secondo una versione di un pubblico festoso, secondo un’altra di membri della Wehrmacht con uniforme e armi cariche.

Manifesto Start Flakelf
Manifesto della partita tra Start FC e Flakelf – © Wikipedia

Agli undici giocatori presenti dello Start vennero aggiunti tre poliziotti ucraini al comando tedesco. Si parla di pressioni dell’arbitro (tedesco) nello spogliatoio, addirittura di un colonnello che minacciò direttamente i giocatori, ma quale che sia la verità nulla parve avere l’effetto desiderato visto che all’ingresso in campo, in contrapposizione all’”Heil Hitler” dei tedeschi, i giocatori in maglia rossa salutarono il pubblico con il tipico motto sportivo sovietico: “Fitzcult Hurà! (“Viva la cultura fisica”).

Secondo alcune testimonianze la partita fu molto dura, per usare un eufemismo, e basterebbe raccontare il primo goal dei tedeschi per far capire l’andazzo dell’incontro: contrasti irregolari, palese fuorigioco e mischia in area di rigore con calci in faccia a Trusevich, che rimase stordito in terra per diversi minuti.

Ma l’orgoglio ucraino non poteva essere contenuto, difatti la prima frazione di gioco si concluse sul 3 a 1 per i rossi (il primo goal di Ivan Kuzmenko, poi una doppietta di Makar Hončarenko). E qui di nuovo le voci si rincorrono, c’è chi racconta di un ufficiale delle SS che si presentò negli spogliatoi per “consigliare” di invertire il ritmo del gioco nel secondo tempo.

Start FC e Flakelf
Foto per l’incontro tra Start FC e Flakelf – © Wikipedia

E forse qualcosa di vero c’è, dato che in poco tempo dall’inizio della ripresa i tedeschi segnarono due reti e si portarono in parità. Ma qualcosa a un certo punto scattò nelle teste dei giocatori dello Start, qualcosa che non poteva essere ignorato. Quella non era più una partita di calcio, in caso lo fosse mai stata, ma una battaglia per la libertà di un popolo. E loro non potevano perderla.

La partita finì 5 a 3, e cosa sia effettivamente successo dal triplice fischio in poi nessuno ha saputo dirlo con certezza. Si sa che i ragazzi di Kordik festeggiarono tutta la notte e che pochi giorni dopo, il 16 agosto, giocarono la loro ultima partita demolendo nuovamente la Ruch (stavolta per 8 a 0), prima che il nuovo commissario cittadino di Kiev, Friedrich Rogausch, proibì ulteriori incontri delle squadre tedesche contro lo Start FC.

Le deportazioni dopo l’incontro

I giocatori tornarono alle loro vite “normali”, ma solo per poco. Nella mattinata del 18 agosto i giocatori che lavoravano al Forno n.1 furono arrestati direttamente sul posto di lavoro. Esistono diversi racconto di questa vicenda, tra i quali quello di Hončarenko:

Fui arrestato dalla Gestapo in seguito alla denuncia di un certo Shvetsov, il quale informò i tedeschi che ero un dipendente della NKVD (l’NKVD era il Commissariato del popolo per gli affari interni della Russia Sovietica, ndr)

Anche Sviridovsky lasciò una dichiarazione sull’arresto di quel giorno:

Siamo stati traditi da un collaborazionista. Siamo stati accusati del fatto che, essendo la Dinamo sotto la supervisione dell’NKVD, l’obiettivo della squadra era chiaro…

Quale che fosse la reale motivazione, tre giorni dopo venne rilasciato il solo Balakin. Altri giocatori, che non lavoravano alla panetteria di Kordik, vennero fermati poco dopo (tra i quali Korotkikh, che venne arrestato a settembre e fu il primo a morire).

Trusevich
Trusevich (in maglia a righe orizzontali) in campo per la Dinamo Odessa ©onedio.com

Pare che giocatori restarono circa un mese in isolamento prima di essere trasferiti, nel settembre 1942, nel campo di concentramento di Syrets. Lì Putistin lavorò come elettricista, con Tyutchev e Komarov come assistenti. Sviridovsky e Hončarenko lavorarono come calzolai mentre Melnikov divenne addetto alla riparazione degli stivali dei tedeschi.

Nikolai Trusevich, Olexi Klimenko e Ivan Kuzmenko divennero costruttori stradali e restarono al campo fino al 24 febbraio 1943, quando vennero fucilati insieme a un gruppo di prigionieri. Secondo alcune testimonianze i loro corpi furono gettati nelle fosse comuni di Babij Jar. Tutti gli altri giocatori, in un modo o in un altro, uscirono vivi dal campo.

Le verità sulla Partita della Morte

Negli anni molte versioni si sono susseguite, spesso contrastanti tra di loro. Qualcuno ha romanzato la storia, qualcun altro l’ha modificata a fini propagandistici, qualcuno ne ha fatto un film (il più famoso e probabilmente il meno attinente alla storia vera è Fuga per la Vittoria).

Diverse ricerche basate su documenti storici e testimonianze dirette hanno negato la versione fatta di SS minacciose, fucili puntati sui giocatori o arbitri tendenziosi. Lo stesso Hončarenko, in un’intervista del 1992, disse che nessuno ricevette minacce prima della partita e che tutti tornarono tranquillamente a casa.

Stadio Start
Lo Stadio “Zenit”, oggi ribattezzato Stadio “Start” – ©Wikipedia

Un procedimento giudiziario venne aperto ad Amburgo nel 1974, ma le autorità sovietiche non collaborarono e il caso venne chiuso nel marzo di due anni dopo. Solo nel 2002 il caso è stato riaperto, dopo una segnalazione delle autorità ucraine, per poi essere chiuso dalla commissione d’inchiesta nel febbraio 2005.

La commissione non è stata in grado di trovare alcun collegamento tra le partite disputate dallo Start FC e l’esecuzione delle persone che vi hanno partecipato, né è stata in grado di trovare un responsabile delle esecuzioni ancora in vita.

Ciò che è certo è che, in uno dei periodi più bui della storia ucraina, un manipolo di calciatori in maglia rossa è diventato, per un paio di mesi, motivo di orgoglio e speranza per un popolo sottomesso ma mai domo, che aspettava solo la vittoria di una battaglia per poter rialzare la testa. E quella vittoria avvenne su uno dei più antichi campi di combattimento che l’essere umano ha mai creato: un campo da calcio.

Bibliografia:
https://web.archive.org/
Cinque cerchi bordati di nero – Richard Arconte
https://football.ua/fiction/385824-mikola-trusevich-vorotar-respubliki.html
https://dynamo.kiev.ua/blog/48702-tragediya-1942-goda-argumentyi-i-dokumentyi?skip_infinite=1
La partita della morte – Voyager del 13/01/2014