Se morissi lunedì resta poco tempo / Devo organizzarmi senza andare in sbattimento / Restano minuti, ore, solo pochi giorni / Se morissi lunedì ora ti dico che farei
Se morissi lunedì – Bassi Maestro, Babaman & Vacca

Mentre sto scrivendo questo pezzo, l’Organizzazione mondiale della Sanità ha dichiarato il Coronavirus pandemia globale. L’infezione, scoppiata in Cina, precisamente nella città di Wuhan, alla fine dello scorso mese di dicembre, si è diffusa in oltre novanta paesi, per un bilancio attuale di oltre 110mila casi confermati e oltre 4mila morti, più di mille in Italia. Da quando il virus è giunto nella nostra penisola è iniziata, come ci si poteva immaginare, la psicosi da contagio con la corsa nelle farmacie per arraffare più scorte possibili di Amuchina e mascherine per non parlare del numero di episodi di razzismo nei confronti di persone di etnia asiatica e la corsa dei media al sensazionalismo.

In questo tam tam mediatico, si è alzata anche la voce di alcuni musicisti che hanno voluto dire la loro, per alleggerire un clima fin troppo caldo, per ridimensionare la situazione e ridimensionarsi un attimo, ma soprattutto perché non esiste cosa sulla quale non si possa ridere.

Video frame di Coronavirus freestyle di Taiyo Yamanouchi - Youtube
Video frame di Coronavirus freestyle di Taiyo Yamanouchi – Youtube

Da poco è uscito Coronavirus Freestyle, il freestyle anti-psicosi di Hyst, al secolo Taiyo Yamanouchi, rapper e producer romano di origine giapponese, cresciuto in un ambiente artistico e creativo (il padre è Haruhiko “Hal” Yamanouchi, attore, ballerino e mimo giapponese naturalizzato italiano, molto attivo nel cinema e nel doppiaggio fin dagli anni ’70) e fa della versatilità la sua dote maggiore. Hyst è conosciuto ai più per i ritornelli cantati nelle apparizioni sui dischi dei vari colleghi, per i freestyle del 2TheBeat e del Tecniche Perfette, per il suo approccio conscious alla scrittura, ma anche perché è un attore di cinema e tv, disegnatore di fumetti e storyboard e negli ultimi anni, con sempre più assiduità, autore e regista. 

In questo Freestyle di un minuto, Hyst si prende gioco dei razzisti, del qualunquismo, della follia dilagante con tanta ironia e un flow che andrebbe insegnato negli atenei:

«’Sta para dei cinesi, mo’ è paranormale / Ed io non c’ho più voglia di insegnarvi a campare / Dici tre volte “Hyst” davanti al cellulare, lui appare / Ma guarda se devo tornare a insegnarvi a rappare / Il film è già in tutte le sale, io già vedo la scena: /
La mamma che tossisce sangue mentre fa la cena / Il 2% di fatalità, virus mortale a malapena / ‘Sta gente qua ha messo il cervello in quarantena / Mo’ tutti professori in fatto di cromosomi / Tutti col camice al banco dei testimoni / “Non mangerò più sushi”, bel branco di pecoroni / Io la corona c’è l’ho in testa, mica nei polmoni / Ah, ma l’idiota non si ferma, mica gli conviene / Basta un nemico solo e guerra, in fila tipo iene / Il web mi da la sua conferma, “minchia, figo il meme” / Qua l’arma chimica è il tuo sperma, sì, è la tua progenie / Io da bambino ero “Chin-Chun-Chan” / Ma poi mi hai visto in tele, allora sei un mio grande fan / Mo’ c’ho la tosse socio, dattela a gambe va’ / Dai retta a me, dattela a gambe va’ / Io da bambino ero sempre solo “Chin-Chun-Chan” / Ma poi mi hai visto in tele, allora sei un mio grande fan / Io c’ho la tosse socio, dattela a gambe va’ /
Io resto public enemy, number Wu-han»

Non è neppure il primo caso, nel 1996 gli Articolo 31 registrarono l’album Così Com’è, disco che conteneva 18 tracce tra cui 2030 che raccontava un futuro devastato dalle guerre e dalla smania di ricchezza, una penisola divisa da dogane, senza musica e costretta a svendere la propria arte:

«Siamo nell’anno 2030 / Loro controllano televisione e radio / C’è un comitato di censura audio / Valutano, decidono, quello che sì, quello che no / Ci danno musica innocua, dopo il collaudo / Sanremo lo presenta Mike Bongiorno insieme a Baudo / Con i fiori e la scenografia spettacolare / Quest’anno ha vinto Bossi che è tornato a cantare / Corre l’anno 2030 / L’Italia ha venduto il Colosseo alla Francia, Venezia affonda / 2030 e un giorno sì e uno sì scoppia una bomba / 2030 e stiamo senza aria / Ma odio ce ne abbiamo in abbondanza / Prima divisero Nord e Sud, poi città e città / E, pensa, adesso ognuno è chiuso nella propria stanza / L’intolleranza danza, non c’è speranza, ho…»

Qualche anno dopo, nel 2004, Fabri Fibra, concluso il fortunatissimo progetto Uomini di Mare e dopo aver pubblicato il primo album solista Turbe giovanili, esce con il disco Mr. Simpatia, 18 tracce inedite per trattare il risentimento e l’amarezza per la scena Hip Hop italiana, la descrizione di alcune storie d’amore fallimentari, la condizione lavorativa che ti rende frustrato e rancoroso ed infine il disprezzo verso la società.

Sono gli anni in cui la paranoia del nostro paese è tutta incanalata verso la cronaca nera, coi delitti celebri, i Misteri Italiani raccontati nella notte blu da Carlo Lucarelli, ma soprattutto dagli indimenticabili plastici di Bruno Vespa. Porta a porta nelle case degli italiani irrompe un disco emblematico del rapper di Senigallia che mette in rima l’omicidio di Novi Ligure, un topos talmente ricorrente nella prosa del Fibra da venire inserito in due brani del cd, Gonfio così e Venerdì 17:

«Entro in casa mia arrampicandomi dal terrazzo
Punto un lanciafiamme sulla mia famiglia e la ammazzo
Così voglio vedere quando vado all’inferno
Se il demonio c’ha la faccia di Erika o del suo ragazzo»

Nella foto Bruno Vespa, Danilo Toninelli – Photo Roberto Monaldo / LaPresse 12-09-2018 Rome

Scherzando macabramente su Alex Baroni, cantautore scomparso due anni prima a causa di un incidente stradale in moto. Il 2007 fu l’anno di Bugiardo, al suo secondo disco con una major, la Universal, nonostante il successo di Tradimento, Fibra continua a divertirsi provocando, picchiando il mondo dello spettacolo dove la ferita brucia, a costo di apparire becero:

«Ma non sono il tipo che va pazzo per le foto
È molto meglio bere fino a che non vedi il vuoto
Poi guido ubriaco dopo quindici Peroni
Mi schianto con la moto mentre canto Alex Baroni»

Tra le 17 tracce presenti troviamo Potevi essere tu, una traccia cruda, forte, a tratti disturbante che racconta gli ultimi giorni di Tommaso “Tommy” Onofri, un bambino di poco più di un anno ucciso nel 2006 dopo il rapimento:

«Ricordo ancora il suono dei passi
Il rumore delle foglie, le scarpe sui sassi
L’odore degli estranei, dei guanti, il cappotto
L’ ultima cosa che ricordo è che piangevo troppo
E poi la grande luce la puzza era sparita
Il mio corpo sepolto lungo il fiume senza vita

Nessuno mi ha salvato, nessuno che si accorto
Soltanto dopo un mese hanno scoperto che ero morto
Papà cosa aspettavi perché non mi hai soccorso
Legato in quella sedia non ti sei neanche mosso
Qualunque sia il motivo non capisco, non posso
E adesso qualcuno gira col mio sangue addosso
Qui non c’è magia potevi essere tu
Domani tocca a un altro non guardi la tv
Racconto solo fatti di cronaca quella dura
Quella che fa brutto quella che fa paura
»

Dalla cronaca nera al terrore dell’uomo nero, le psicosi degli italiani rimangono oscure. Willie Peyote, artista poliedrico e di talento inserisce da sempre nei suoi dischi le brutture del Belpaese, con uno sguardo ironico e critico rivolto non solo alla classe politica ma anche e soprattutto a chi vota:

«Stando ai discorsi di qualcuno
Lampedusa è un villaggio turistico
I cinesi ci stanno colonizzando
E ogni Imam sta organizzando un attentato terroristico
Stando ai discorsi di qualcuno
Gli immigrati vengono tutti in Italia
Qui da noi non c’è più futuro
Guarda i laureati emigrati in Australia
Beh, è troppo facile dire “questi ci rubano il lavoro
Devono restare a casa loro!”
Che poi se guardi nelle strade della mia città
Ci sono solo kebabbari e compro oro
Ma pensa che se uno che non sa bene la lingua
E non ha nessuna conoscenza
Riesce a fotterti il lavoro con questa facilità
Ti servirebbe un esame di coscienza»

Questi sono solo alcuni dei tantissimi casi nei quali la musica fa quello che la musica di strada deve fare: affrontare tematiche scomode, paure irrazionali, psicosi di massa. Anche quelle che ci toccano da vicino, anche quelle che ci terrorizzano, anche se parlano di persone morte o malate o, peggio, se parlano di noi.

E va benissimo se il tono è quello derisorio e se fa incazzare. Purché faccia pensare.