È arrivato in Italia come cobra, se ne è andato come ramarro. Ai fini del successo televisivo del programma cult “Mai dire gol”, che negli anni 90 faceva satira sul mondo del calcio, Darko Pancev ha dato il suo generoso contributo, grazie a prestazioni a dir poco imbarazzanti. Vincitore del “Pippero”, premio che veniva assegnato al peggior giocatore della Serie A, più volte protagonista della rubrica “fenomeni parastatali” agli autori della trasmissione deve, si fa per dire, il soprannome appunto di ramarro, che è andato a soppiantare quello originale. Eppure quando l’allora Presidente dell’Inter, Ernesto Pellegrini, nel 1992 lo prelevò pagandolo 14 miliardi di lire (Maradona, qualche anno prima, ne era costato 13 al Napoli) dalla Stella Rossa di Belgrado, battendo la concorrenza di Real Madrid e Manchester United, a parere di tifosi e stampa specializzata è un grande acquisto. Certamente non un attaccante che partecipa alla manovra ma un ottimo finalizzatore sì, quel tipo di giocatore alla Pippo Inzaghi o alla Paolo Rossi, per capirci. Invece dopo un promettentissimo inizio, lascerà Milano con più palloni scagliati in tribuna che nello specchio della porta.
La Stella Rossa, tra la fine degli anni ottanta e l’inizio dei novanta, è una delle squadre più forti d’Europa. Tanto è vero che nel 1991, a Bari, vince la Coppa dei Campioni ai calci di rigore contro il Marsiglia, in quella che può essere definita senza tema di smentita una delle finali più brutte della storia. I biancorossi di Belgrado sono però davvero molto forti, tra le sue fila infatti vi sono giocatori del calibro di Mihajlovic, Jugovic, Savicevic, Prosineck, Belodedici…e Pancev. A dicembre di quello stesso anno vincono anche la Coppa Intercontinentale, con un perentorio 3-0 ai danni dei cileni del Colo Colo e proprio grazie a due gol dell’attaccante macedone. In quello stesso 1991 arriva secondo nella classifica del Pallone d’Oro e sarebbe vincitore della Scarpa d’Oro, ma il premio gli verrà ufficialmente assegnato solo nel 2006. La Uefa non ci vede chiaro, c’è qualcosa che non torna in tutte quelle reti segnate. A quei tempi nei paesi dell’est europeo di cose strane ne succedevano parecchie. E infatti fino al 1996 questo riconoscimento non verrà più assegnato, per poi venire ripristinato dal 1997, anno in cui oltre alle reti segnate, farà fede il coefficiente di difficoltà che viene assegnato ai diversi campionati. Tornando a Pancev, la guerra in Jugoslavia e gli allettanti contratti offerti dalle più prestigiose squadre europee, fanno si che la Stella Rossa venga saccheggiata sul mercato, nell’estate del 1992. Anche Darko lascia Belgrado dopo quattro stagioni, con un bottino di 84 reti. Il biglietto da visita con cui si presenta all’Inter è all’apparenza molto buono, il giorno del suo arrivo a Milano la folla oceanica e le fotografie con tanto di sciarpa al collo, sono di rito. La sua prima gaffe però non tarda ad arrivare, ma è linguistica e non calcistica. Dice infatti «Sono contento di essere a Milano, al Milan». Ahi.
Intanto proprio dal Milan arriva sorprendentemente la benedizione per il macedone. Per la precisione da Arrigo Sacchi, che lo definisce «proprio bravo». Nel primo turno della Coppa Italia 1992 l’Inter incontra la Reggiana, Pancev segna 3 gol all’andata e 2 al ritorno. Sembra un gustosissimo antipasto, ma di fatto è anche la frutta, il dolce e il caffè. Amaro, naturalmente. Sulla panchina dei nerazzurri siede un milanese purosangue, un signore del calcio di quelli di una volta, dal temperamento mite ma che è meglio non fare arrabbiare: Osvaldo Bagnoli. Ha vinto nel 1985 il campionato con l’outsider Verona, quindi viene chiamato a restituire lustro al biscione, che in quegli anni è schiacciato dalla strapotere del Milan. Darko Pancev, dopo l’inizio scoppiettante in coppa, scopre presto di non far parte dei piani del tecnico. I due litigano quasi subito, Bagnoli si vede addirittura costretto a smentire sé stesso. Infatti dopo averlo insignito del ruolo di “nuovo Boninsegna” durante il ritiro estivo, nel corso del campionato in una intervista post partita, lo definisce davanti alle tv nazionali «un corpo estraneo». Pancev gioca poco e quando lo fa mette in mostra soltanto una irritante indolenza. Spicca piuttosto una segreta predilezione per il rugby, infatti spedisce palloni a ripetizione al secondo anello del Meazza, cercando la meta più che il gol. I tifosi dell’inter purtroppo per lui non apprezzano, lo fischiano copiosamente e più che le sue prestazione ricorderanno una frase molto provocatoria la cui veridicità, occorre dirlo, non è mai stata autenticata. «Voi mi criticate, mi fischiate, ma io domani compro un’altra Ferrari» pare abbia sibilato il cobra. In ogni caso, in 18 mesi di Serie A colleziona, se così si può dire, 12 brutte figure e una sola rete. Nel mercato invernale del campionato 93/94 viene ceduto in prestito al Lipsia, in Bundesliga, dove retrocede. Torna all’inter nella stagione successiva, riuscendo a fare peggio che nella prima parantesi meneghina: 7 comparsate, con 2 reti.
Quando al termine del campionato 94/95 il Fortuna Dusseldorf bussa alle porte della sede dell’Inter per rilevare Pancev, probabilmente alla dirigenza non sembra vero, difatti senza alcun rimpianto viene ceduto ai tedeschi. La Gazzetta dello Sport scrive in un trafiletto «Pellegrini festeggia 10 anni di presidenza liberandosi di Pancev». In vero, di lì a pochi mesi lo stesso Ernesto Pellegrini passerà la mano a Massimo Moratti. Dopo una stagione al Fortuna, senza alcuna fortuna, Pancev chiude la carriera a soli 32 anni con un ultimo, agonico campionato in Svizzera, al Sion. In seguito racconterà la sua verità a una testata bulgara, a cui dichiarerà che andare all’Inter fu il più grande sbaglio della sua carriera, che era stato messo ai margini dal tecnico, che compagni e dirigenza lo odiavano. Insomma, colpa di tutti tranne sua, naturalmente. Infine vera, per sua stessa ammissione, la storia secondo la quale subito dopo aver appeso le scarpette al chiodo, rifiutò l’offerta di un noto produttore per girare un film porno. Ecco perché lo chiamavano il cobra……