A cura di Francesco Chirico

L’esplorazione, sempre presente nella rubrica #Vinland, ha portato l’uomo sempre più lontano, e in luoghi sempre più inaccessibili.
Quando l’esplorazione è più che altro in direzione verticale, diventa difficile trovare un bel prato per piantare una tenda e dormire in tranquillità. Se va bene, si trova una cengia pressoché in piano in cui ci si riesce a sdraiare su un materassino. Se va male, si è costretti a dormire appesi. In queste condizioni capita che gli alpinisti ci passino giorni e giorni, buono o brutto tempo che sia.

Nel 2018 due grandi salite sulle pareti di El Capitan (Yosemite, USA) sono entrate nelle sale cinematografiche. Free Solo e The Dawn Wall raccontano due approcci completamente diversi, che spesso vengono anche confusi: il free solo (arrampicata senza corda) e il free climbing (arrampicata nella quale la corda è usata solo come sicurezza in caso di caduta). Ne abbiamo già parlato qui su ThePitch, insieme ad altre tecniche e stili di arrampicata.

The Dawn Wall

The Dawn Wall – Trailer

È il 2007 quando Tommy Caldwell inizia ad immaginare la linea che diventerà The Dawn Wall, definita poi la salita del secolo. Caldwell inizia da solo a provarla, calandosi dalla cima della parete, e scalando da solo, sempre assicurandosi con la corda. Vedendo la maestosità della linea, Kevin Jorgeson chiede a Caldwell di partecipare al progetto, siamo già al 2009. I due passano altri anni insieme a provare la via. Sono 32 tiri di corda, per un totale di quasi 1000 m di altezza, con difficoltà fino al 9a, è la più difficile via multipitch al mondo. Sette anni dopo aver pensato di salire lungo questa via, nel 2014 Tommy Caldwell riesce finalmente a liberare tutti i tiri, quindi a salire tutti i tiri senza mai cadere, ma non tutti insieme. L’obiettivo della cordata Caldwell-Jorgeson è quello di salire tutta la via in una volta sola, in stile rotpunkt, non importa quanto tempo ci metteranno, vivranno in parete sulla portaledge. 

Kevin Jorgeson sul quindicesimo tiro di Dawn Wall ©Corey Rich

Il 27 dicembre 2014 i due partono per il tentativo finale. I primi tre giorni scalano velocemente, e fanno i primi 10 tiri di corda con difficoltà comunque molto alte, fino all’8b+. In questi giorni sale l’attenzione mediatica, la salita viene seguita da National Geographic e dal New York Times, e diventa virale sul web. La scelta del periodo è dettata dal maggiore attrito tra la roccia e la gomma delle scarpette che si ha con le basse temperature. Lo stesso parere non lo condividono i cameramen, appesi in parete a riprendere la salita, fermi immobili.

A rendere ancora più interessante il tutto c’è il numero di dita di Caldwell: 9. Molti pensano a un incidente da film in cui Caldwell riesce miracolosamente a salvarsi, invece è stato un banale scontro con una sega circolare. Rimane il fatto che Caldwell stia provando la più difficile big-wall al mondo, senza un dito indice.

Tommy Caldwell e Kevin Jorgeson si preparano per un’altra giornata in parete. ©National Geographic

Il 7 gennaio Caldwell riesce a passare i tre tiri chiave della via, evitando però il lancio a due mani, passaggio cruciale del sedicesimo tiro. Per questo passaggio avevano ricostruito a casa un pannello con le stesse identiche prese su cui provare e riprovare il movimento. Scendendo invece per 10 metri, riesce ad aggirare l’ostacolo e uscire dalla sezione difficile. Ora Caldwell sale i tiri successivi, mentre Jorgeson continua a provare il lancio del 16° tiro, giorno e notte. Anche quando Caldwell arriva alla Wino Tower, vero punto finale delle difficoltà, Tommy aspetta che Kevin finisca di liberare i tiri difficili, per arrivare in cima insieme.

Kevin Jorgeson sul famoso lancio a due mani del quindicesimo tiro (tra il minuto 0:25 e 0:35 del video)

Il 10 gennaio anche Kevin Jorgeson riesce a liberare il 16° tiro – con il lancio originale, senza aggirare nulla – e raggiunge in breve Tommy Caldwell in cima alla Wino Tower.

Quando arrivano in cima saranno passati 19 giorni, sempre appesi in parete, con rifornimenti di acqua e cibo da parte di amici dei due climber. Ad accoglierli una piccola folla, e un tweet anche da Presidente Obama!

Free Solo

Free Solo – Trailer

Mentre Caldwell provava e riprovava The Dawn Wall, il suo grande amico Alex Honnold vagava per le grandi pareti in giro per il mondo con il furgone camperizzato, e un foglietto di carta con su scritti i progetti che aveva in mente. Quando Caldwell vede quel foglietto, nota una sigla: FR. Honnold gli dice che sta per Free Rider, una via su El Capitan, in Yosemite. Qualcosa non torna, Free Rider è una via relativamente facile, Honnold non dovrebbe avere nessun problema a salirla, come mai è in cima alla lista dei progetti? Alex senza battere ciglio risponde che è lì perché l’obiettivo è quello di salirla senza corde, dall’inizio alla fine con solo scarpette e magnesite. 

Alex Honnold affronta in free solo la sezione chiamata “enduro corner”. ©Jimmy Chin

Per un po’ di tempo non se ne parla, ogni tanto Alex va a provare la via e si avvicina sempre di più al tentativo reale. Quando confida a Tommy che è pronto, Honnold inizia a scalare con dei ritmi molto più alti del solito, tanto che Caldwell – sempre suo compagno di cordata – non avrà sensibilità agli alluci per tutto il mese successivo. 
È tutto ancora molto lontano dalla realtà, Caldwell realizza che la questione è seria solo quando riceve una chiamata di Alex: ha tentato la via in free solo, cadendo a pochi metri da terra. Una storta alla caviglia e sembra chiaro che il progetto finisca lì. Invece Alex si allena al trave e un mese dopo fa un nuovo tentativo, arriverà a metà parete, per poi capire che non se la sente di andare avanti, e scende con delle corde fisse. 
A questo punto Caldwell è ormai tranquillo, immaginando che Alex abbia abbandonato questo progetto. Sette mesi più tardi sono di nuovo entrambi in Yosemite, salgono insieme la via, con la corda. Quando i piedi sono a 900 m di altezza dal suolo, Tommy prova a immaginare come sarebbe essere lì senza corda, ma anche per uno come lui abituato a queste altezze, è una cosa inconcepibile.

Alex Honnold su un tratto di pura fessura, da affrontare con tecnica di incastro di mano. La foto rende bene l’idea di quanto sia lontano il suolo dai piedi di Alex. ©Jimmy Chin

Qualche giorno dopo, mentre è al parco giochi coi figli, Tommy riceve la chiamata da Alex: «sei arrivato al momento giusto e mi hai dato una mano. Era quello che mi serviva». 

In 3 ore e 56 minuti, Honnold era arrivato in cima a El Capitan, dopo più di 900 m di arrampicata senza corda, con difficoltà fino al 7c. Ad aspettarlo in cima solo un piccolo gruppo di amici fidati, con cui condividere il sentiero di discesa.

Jimmy Chin riprende la salita di Alex Honnold, appeso nel vuoto a quasi 1000 metri dal suolo. ©Cheyne Lempe – National Geographic

Entrambi i film si possono vedere in streaming (su Netflix The Dawn Wall, e su Disney+ Free Solo) e meritano di essere visti. Nonostante la parete sia la stessa, le due storie sono completamente diverse. Anche l’aspetto psicologico, approfondito molto bene in entrambi film, sta su due piani molto diversi, ed è fondamentale per capire veramente cosa abbiano significato per Honnold, Caldwell e Jorgeson le salite di Free Rider in free solo e di The Dawn Wall in libera. Come spesso capita, queste due salite sono state due esempi di esplorazione non solo di un’immensa parete di granito, ma anche della mente dei tra climber, messa a dura prova durante la salita, e uscita sicuramente cambiata.