La rivoluzione dello streaming è in atto già da alcuni anni, ma lo sport è un contenuto ancora troppo legato alla fruizione sul piccolo (ma grande) schermo, per essere fin da subito parte di questo cambiamento. Soprattutto il calcio, che è occasione di socialità ed incontro tra le persone, sia in casa che nei locali pubblici. Aggiudicandosi i diritti della Champions League per le partite del mercoledì nel triennio 2021-2024, Amazon Prime Video entra prepotentemente nel mercato sportivo italiano, scommettendo su un cambio di tendenza. Di certo, la recente esperienza di Dazn non rende ottimisti.

Ciò che vogliamo essere è qualcosa di completamente nuovo.
Jeff Bezos

La notizia è scoppiata come un popcorn nel web circa un mese fa, dopo che negli anni passati se ne era fatto un gran parlare senza che si giungesse a nulla di concreto. La conferma è arrivata forse proprio quando era meno attesa: anche per quello che riguarda l’Italia, Amazon fa il suo ingresso nello sport entertainment, acquisendo i diritti per trasmettere le 16 migliori partite del mercoledì della Champions League, nel triennio 2021-2024.

Inattesa perché Dazn – rimasta completamente all’asciutto – sembrava in pole position non solo per i 16 incontri più attesi del mercoledì ma anche per i 104 match che oggi rappresentano l’offerta di Sky che, stando a quanto trapelato, sarebbe rimasto nel paniere della tv satellitare. Così come la partita in chiaro è rimasta ad appannaggio di Mediaset. Il Ceo di Amazon, Jeff Bezos, staccherà ogni anno un assegno di 80 milioni di euro a favore della Uefa. Questo però interessa ben poco agli appassionati, piuttosto la domanda che si stanno ponendo è: come fruiranno della competizione in tv? Bisognerà sottoscrivere un secondo abbonamento per vedere per intero la massimo torneo continentale? E quanto costerà? 

Una cosa appare chiara: chi non è attualmente un cliente Amazon Prime dovrà sottoscrivere il servizio. Difficile avere altre certezze oltre a questa. I dettagli di quella che sarà l’offerta di Amazon ai propri clienti sono attualmente sconosciuti, si inseguono però alcune ipotesi. La prima, quella che tutti coloro che già conoscono il servizio Prime Video sognano, prevedrebbe l’aggiunta della Champions nel bouquet della piattaforma, senza alcun aumento di prezzo. Anche se poche ore dopo l’aggiudicazione dell’asta questa eventualità veniva esclusa, in seguito ci si è resi conto che in quei Paesi dove Amazon già trasmette eventi sportivi in diretta, il costo mensile del servizio non è cambiato. Questo fa ben sperare, anche se personalmente avrei un paio di obiezioni da porre in essere: questo è il calcio, soprattutto questa è l’Italia. Comunque, chi è a sostegno di questa tesi, si è spinto a fare qualche calcolo per sommi capi: 3,90 euro, o il loro equivalente in altre valute, per 150 milioni di utenti nel mondo, fa 585 milioni di euro. Mensili. I costi sarebbero ampiamente coperti, in teoria, ma temo che questi siano i conti della serva, che nulla hanno a che vedere col reale bilanciamento tra costi e ricavi. Il secondo scenario contempla un aumento del prezzo mensile che, a mio parere, si potrebbe aggirare tra i 6 e 8 euro, arrivando così a un costo totale che oscillerebbe tra 10 e 12 euro. Potrei chiaramente sbagliare, ma mi sento di escludere un aumento maggiore, che sarebbe fuori mercato per servizi simili. La terza, la più remota, ipotizza l’acquisto del solo pacchetto relativo alla Champions League o persino delle singole partite. Quest’ultima però è molto poco in linea con la strategia commerciale adottata dai giganti del web, che tendono il più possibile a fidelizzare il cliente. Persino le pay tv che all’inizio proponevano frequentemente eventi in pay per view, stanno abbandonando questa strategia.

Jeff Bezos, Ceo di Amazon – © Emma McIntyre / Getty Images

Comunque, al di là delle disquisizioni teoriche relative ai costi, c’è un aspetto più importante da porre sotto la lente di ingrandimento: siamo davvero pronti ad abbandonare la tv? Guardando l’esperienza di Dazn, che dallo scorso anno è sbarcata in Italia trasmettendo alcune partite di Serie A, verrebbe da dire di no. Fino a che non si è appoggiata a Sky, ha navigato in cattivissime acque. Non solo: gli abbonati al pacchetto Sport del bouquet Sky hanno potuto godere delle partite trasmesse da Dazn senza alcun costo aggiuntivo, alla faccia dei nativi digitali. Se non è una sconfitta questa, non so cosa lo sia. Allora si discusse molto di banda larga, di connessioni, di device, ma quello che nessuno, o quasi, ha considerato è che le persone vogliono vedere le partite sul grande schermo, perché tra le altre cose è una occasione di socialità. Nei bar, nei pub certo, ma anche nelle case. E finché non saremo tutti dotati di smart tv o di Chromcast, quella dello streaming è una rivoluzione ancora lontana dal compiersi. Amazon, che per molto tempo non consentiva alla propria piattaforma video di collegarsi a Chromcast, in tempi recenti ha fatto marcia indietro, avendo recepito che questa ottusa strategia bloccava la diffusione e lo sviluppo della propria offerta, favorendo inoltre il diretto concorrente Netflix, che pure ha un costo molto maggiore. 

A proposito di Netflix, occorre sottolineare che nonostante la posizione di vantaggio, anch’essa, in Italia, ha deciso di entrare nella sempre più grande e accogliente famiglia di Sky, andando incontro a un pubblico più ampio. Certamente una fetta di utenti marginale rispetto a quella di cui ha potuto godere Dazn, e che oltretutto agli abbonati alla tv satellitare costa un ulteriore obolo, ma che dimostra come siamo ancora lontani dal sostituire il telecomando con lo smartphone.

Per quanto riguarda il calcio, per il momento, ai piani alti della società di Los Gatos, in California, sono rimasti a guardare, anche se pare non facciano mistero di essere interessati in futuro ad entrare in competizione con gli attuali broadcaster. Appare chiaro che la strada è tracciata: la tv diventerà sempre più uno strumento al nostro servizio, non saremo più noi a seguire lei, ma sarà lei ma lei a seguire noi. Però, se qualcuno pensa di bypassarla si sbaglia di grosso, non credo che questo succederà né a breve, né in un futuro prossimo. Per come la vedo io, la stessa Amazon dovrà in qualche modo appoggiarsi a Sky – o chi per essa – se vuole raggiungere una più platea più ampia. Passerà ancora molto tempo prima che la televisione venga messa definitivamente in cantina, sempre che questo accada. Ma che sia in atto un grosso cambiamento, questo è tangibile.

© Tuttosport

Le piattaforme come Amazon, Netflix, Dazn e tutte le loro varie declinazioni ricoprono oggi lo steso ruolo che hanno ricoperto le tv private negli anni ’80, le prime pay tv negli anni 90 e quelle satellitari negli anni 2000. Quando nel 1981, per la prima volta, una partita di Coppa dei Campioni veniva trasmessa dalla neonata Canale 5, probabilmente, fece lo stesso effetto che farà vedere una partita su Prime Video. Era Juventus-Celtic Glasgow. Allora le società di calcio erano proprietarie dei diritti tv di ogni loro singola partita, e di volta in volta potevano decidere a chi vendere la trasmissione del match che si apprestavano a giocare. Ma fino a quel momento c’era sempre stato un unico interlocutore, ovvero la tv di stato. Probabilmente nessuno immaginava che poco più di 10 anni più tardi, nella stagione 1992/93 tutta le partite delle squadre italiane della neonata Champions League sarebbero state trasmesse dalle reti Mediaset. E che nel 1995, per la prima volta, la finale non sarebbe stata trasmessa dalla Rai. Era Milan-Ajax. Successivamente fu la stessa Mediaset ad allargare ulteriormente il mercato. Infatti, per alleggerire il peso dei costi, a partire dal 1997 rivendette i diritti di alcune partite a Telepiù, progenitrice di quella che sarebbe diventata Sky nel 2003. E proprio da quell’anno, a parte la breve parentesi del triennio 2015-2018, Sky è diventata la casa degli italiani sia per la Serie A che per la Champions League, a suon di decine di miliardi di euro spesi, in questi 17 anni. Si dice spesso che il calcio è sorretto quasi esclusivamente dal mercato dei diritti tv, ma è vero anche che le pay tv sono sorrette dal calcio. Due diversi sistemi che per il proprio sostentamento non possono fare a meno l’uno a dell’altro. E pensare che fino al 1980, non esisteva in Italia una legge sui diritti tv, chiunque fosse stato attrezzato poteva entrare in uno stadio e trasmettere un incontro. Decisamente altri tempi.

Tornando ad Amazon, nel pacchetto acquisito dalla società di Beacon Hill, vi è compresa anche la Supercoppa Europea mentre, a quanto risulta attualmente, ancora non è stata aggiudicata l’asta per la trasmissione della finale di Champions League per il triennio 2021-2024. Questa eccessiva frammentazione dei diritti lascia perplessi: in teoria doveva favorire il consumatore, ma nella realtà dei fatti lo costringerà a destreggiarsi all’interno di un labirinto molto intricato.

Articolo precedenteIl ritorno di Sophia Loren è un regalo all’Italia
Articolo successivoThe Pitchure #25
Giuseppe Di Girolamo
La passione per lo sport e la scrittura hanno tracciato un indelebile solco, che non ha solo segnato la mia vita, ma l'ha decisamente indirizzata e caratterizzata. Scrivo sul sito il corsivosportivo.it, portale di interviste ed editoriali. All’interno di esso ho aperto la rubrica Off Peak, che tratta di argomenti vari, quali ad esempio, costume, politica, società, cultura e spettacoli. Nel corso degli scorsi anni alcuni dei miei articoli sono apparsi anche sul sito www.gazzetta.it, inoltre sono stato per un breve perdiofo un collaboratore della rivista “FUORIGIOCO” e del sito Gazzettafannews.it. Ho recentemente conseguito un master in giornalismo sportivo, proprio presso Rcs-Gazzetta dello Sport. Le mie collaborazione attualmente in corso riguardano il sito The Pitch e la rivista settimanale Noi Brugherio. Lo sport oltre a raccontarlo, lo pratico: sono infatti un podista a livello amatoriale, ho corso molte della maratone più importanti al mondo tra le quali: Boston, New York, Berlino, Londra, Roma, Valencia e Siviglia.