Aspetti generali

L’India è la democrazia più popolosa al mondo, una repubblica laica e sovrana che si fonda sulla separazione tripartitica dei poteri e un Parlamento con due camere. Si trova in una posizione strategicamente importante del Sud est asiatico, bagnata dall’oceano Indiano a Sud, dal Mar Arabico a ovest e dal golfo del Bengala ad est. Dal punto di vista storico, assume una rilevanza fondamentale in quanto è stata territorio di alcuni dei più grandi imperi della storia, ma anche snodo di un elevato numero di rotte commerciali che hanno portato una grande prosperità economica e politica nella zona.

Quattro delle maggiori religioni del mondo (buddismo, induismo, sikhismo e giainismo) sono nate nel subcontinente indiano e si sono successivamente diffuse da qui a livello globale. L’India è stata gradualmente annessa dagli inglesi prima alla Compagnia delle Indie orientali e successivamente al Regno Unito, finché, nel 1947, ha ottenuto l’indipendenza grazie agli sforzi della storica figura storica del Mahatma Gandhi.

Dal punto di vista internazionale l’India ha un peso strategico notevole dovuto a numerosi aspetti tra i quali la sua enorme popolazione, che la posiziona dopo la Cina come il secondo paese più popoloso al mondo. La sua costante crescita economia degli ultimi anni l’ha portata ad essere parte del gruppo dei BRICS, nonostante i numerosi problemi interni che lasciano presagire complicanze per il futuro. Tra questi spiccano la malnutrizione, la diffusa povertà, il basso livello di scolarizzazione e il sistema sanitario spesso non in grado di garantire lo stesso servizio a tutte le persone sul territorio nazionale. L’attuale pandemia di Covid-19 ha avuto effetti devastanti sull’India con diversi milioni di casi registrati.

Malgrado i delicati equilibri delle situazioni sopracitate l’India è pienamente inserita nel contesto di alleanze internazionali: è membro dell’ONU, di cui ha contributo alla nascita e allo sviluppo, dell’ASEAN come uno degli attori più influenti, e anche del WTO. Il suo passato è stato anche caratterizzato dalle tensioni con il vicino Pakistan, dopo lo scioglimento della Compagnie delle Indie, sfociate in guerre per la ripartizione del Kashmir e l’indipendenza del Bangladesh.

Il rapporto con gli USA

L’India è un saldo alleato degli Stati Uniti. Entrambi i paesi sono membri della Quad (Quadrilateral Security Dialogue), un’alleanza che con Australia e Giappone ha lo scopo di contrastare la Cina, storicamente contrapposta all’India. 

Il rapporto tra New Delhi e Washington si basa sull’interesse americano ad avere un caposaldo strategico nell’area. Questa partnership si è intensificata soprattutto dal momento in cui la Cina è diventata un nemico temuto per entrambe le parti. Le relazioni tra i paesi sono migliorate sensibilmente da quindici anni a questa parte, soprattutto dopo che nel 2005 l’India si è aperta al nucleare e i due hanno iniziato a cooperare anche in questo ambito. Periodicamente si svolgono dei meeting, come quello del 2019 a cui hanno partecipato i rispettivi Segretari di Stato e di Difesa dei due paesi. Si svolgono inoltre periodicamente dialoghi bilaterali inerenti al Gruppo Antiterrorismo Usa-India, gruppi sull’energia, sulla cyber defence, sulle policy del commercio internazionale e altri ancora.

L’India sfrutta l’alleanza con gli Usa anche nell’ambito del rinnovamento delle proprie forze armate. Recentemente, è stata siglata una “Lettera di accettazione”, grazie alla quale l’India ha aggiunto al proprio arsenale 24 elicotteri Seahawk anti sottomarino per un totale di 2,6 miliardi di dollari e 6 elicotteri Apache per un totale di 930 milioni di dollari. Nell’arco di dodici anni, l’India ha ordinato un totale di sette piattaforme militari dagli Stati Uniti, rendendoli i quarti fornitori ufficiali di armi dopo Russia, Francia e Israele. 

A livello economico e commerciale i due partner hanno aumentato sensibilmente i loro scambi. Nel 2018 l’India ha acquistato un totale di 48 milioni di barili di greggio, segnando un aumento di circa 9 milioni di barili rispetto all’anno precedente. L’anno successivo la mole totale di scambi ha raggiunto la cifra totale di 150 miliardi di dollari sui servizi e i beni vari. I benefici di questa partnership si possono registrare anche nel campo dell’istruzione, con un incremento notevole di studenti indiani che frequentano le università americane. Nel 2019 si è toccata la soglia di circa 200 mila studenti indiani negli Stati Uniti. Questi due colossi condividono la collaborazione nell’Asean e la partecipazione ad altre organizzazioni come il WTO, l’ONU, il G-20, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, e lavorano strenuamente in modo congiunto per raggiungere gli obiettivi prefissati.

I rapporti tra il governo Modi e l’amministrazione Trump erano ottimi e hanno visto un incremento delle relazioni tra le parti, specialmente dal punto di vista strategico. Con l’elezione di Biden le parti dovrebbero continuare quella cooperazione vista in passato, rafforzandola in alcuni ambiti. Modi spera che questo avvenga, tanto da definire l’alleanza con gli USA come “indispensabile” per l’India. La priorità delle due parti rimane quella di intensificare il controllo sull’oceano Indiano per limitare le capacità del nemico comune cinese. Si tratta di un approccio strategico e militare comune in cui si suppone che saranno coinvolti anche gli altri paesi del Quad. 

Oltre all’aspetto geopolitico, l’India, che condivide con gli Usa il triste primato dei paesi più colpiti dalla pandemia di Covid-19, mira ad aiutare gli americani e altri paesi nella lotta al virus con un ruolo di primo piano. Modi è fortemente interessato anche ad una cooperazione in campo climatico, in quanto una delle prime mosse di Biden è stata quella di far tornare l’America negli accordi di Parigi, dopo la triste pagina dell’amministrazione Trump sul clima.  Se il governo Biden è favorevole all’alleanza indiana, ci sono tuttavia alcuni aspetti che non sono molto apprezzati dal governo di Washington. Il primo punto riguarda i problemi interni del paese indiano e la politica repressiva del premier Modi che sfocia in un netto distacco dai valori democratici americani. Una seconda controversia riguarda gli alleati indiani. In particolare la vicinanza a paesi come Russia e Vietnam, che non possono considerarsi vere e proprie democrazie, non è vista di buon occhio negli ambienti democratici statunitensi.

Aspetti multilaterali

I due paesi possono lavorare insieme su diversi temi e consolidare ancor di più le reciproche relazioni, cercando di superare i terreni di possibile scontro. Come già detto l’India collabora assiduamente con l’Asean fin dal 1995, anno è stata sancita una vera e propria partnership. L’Asean è un’organizzazione di stampo politico, economico e culturale di nazioni del Sud est asiatico, fondata nel 1967 con l’obiettivo di rafforzare la stabilità della regione e aumentarne il progresso economico tramite la cooperazione e assistenza reciproca. L’Asean è un’organizzazione molto influente che gestisce un sistema complesso di alleanze, ed è per questo è considerata alla stregua di una potenza globale. Nel 2003 a Bali è stato firmato un accordo iniziale tra India e Asean, che ha dato vita all’AIFTA (Asean-India Free Trade Area).  In termini di import-export gli scambi reciproci fra le due parti sono cresciuti fino a raggiungere gli 81,3 miliardi di dollari nel 2018, 47 miliardi per le importazioni verso l’India e 34,3 miliardi per le esportazioni, con un aumento dell’8% rispetto all’anno precedente. Inoltre, nel 2010 è stato stipulato anche l’Asean-India Trade in Goods Agreement, che ha ampliato l’area commerciale tra le parti fino ad arrivare ad un valore di PIL di circa 5,36 trilioni di dollari.

Nell’ambito della tecnologia e dello sviluppo di energie rinnovabili l’India e l’Asean hanno collaborato per rafforzare i settori di ricerca e sviluppo, realizzando dei piani d’azione ad hoc. Infine, nel ramo della cooperazione socio culturale, le parti hanno lavorato sullo sviluppo di progetti inerenti lo sviluppo delle risorse umane, l’educazione, la salute, la biodiversità e la gestione dei disastri. In generale, il team-working tra le parti è ampio e costante e mira a far crescere quella parte dell’Asia tramite gli sforzi congiunti su campi fondamentali come la finanza, l’energia, l’ICT e la gestione delle risorse naturali. Nel contesto Indo-Pacifico, tanto delicato e sotto osservazione, oltre all’alleanza bilaterale India-Stati Uniti, si inseriscono altre due grandi potenze di stampo “occidentale”, Giappone e Australia. Come detto, il contesto del Quad lavora per creare una convergenza strategica, politica e militare nell’ottica del contenimento della Cina. Periodicamente i quattro paesi svolgono summit ed esercitazioni militari per mantenere sempre alta la pressione su Pechino. 

Gli Usa vorrebbero rafforzare ulteriormente il Quad, che di fatto non è ancora una vera e propria alleanza militare, quanto più un meccanismo di cooperazione e consultazione tra le parti che ha in definitiva una dimensione puramente politica. I membri si sono riuniti per la prima volta nel 2007 a Manila su proposta dell’ex presidente giapponese Shinzo Abe, dando inizio alla loro cooperazione. La Cina ha formalmente protestato per questa iniziativa considerandola un modo per dominare la regione, paragonandola a una versione asiatica della Nato con ha lo scopo di tutelare solo gli interessi dei quattro alleati. Dal 2008 al 2017 l’Australia si è ritirata dall’accordo sotto forti pressioni da parte del Dragone Rosso, con cui ha strettissime relazioni commerciali. Da questo momento il Quad è rimasto in stand-by finchè, nel 2017, durante un summit dell’Asean i quattro partner hanno deciso di rispolverare la quasi ormai estinta alleanza con l’obiettivo di frenare le crescenti ambizioni territoriali cinesi nel mare cinese meridionali. 

Nei primi giorni di ottobre del 2020 c’è stato un nuovo incontro tra i rappresentanti tenutosi a Tokyo. Si è parlato di vari argomenti tra cui la pandemia, la cyber security, l’assistenza umanitaria, la sicurezza pubblica, la sicurezza marittima e il contro-terrorismo, ma i temi centrali hanno nuovamente riguardato la Cina e la sua posizione aggressiva nella regione. I paesi del Quad mirano ad un’area indo-pacifica libera, aperta e inclusiva basata su quattro poteri fondamentali: la diplomazia, l’informazione, le forze armate e l’economia. Se il Giappone si è dimostrato più orientato a voler creare relazioni stabili con i vicini come Russia e Cina, gli Stati Uniti, tramite il segretario di Stato della vecchia amministrazione Mike Pompeo, hanno spesso criticato il Partito Comunista cinese.

Tra i vantaggi di cui può beneficiare l’India dalla partecipazione al Quad si ha il controllo delle rotte commerciali navali cinesi che solcano l’Oceano indiano e il loro eventuale blocco in caso di aggressione ai confini. Di recente i rapporti tra India e Cina si sono ulteriormente deteriorati. Una situazione delicata messa ancor più alla prova dalle concordate esercitazioni militari americane nel Golfo del Bengala, volte alla creazione di una regione indo-pacifica libera, che confermano ufficialmente come l’India sia schierata al fianco degli Usa contro la Cina. Questa tesi è sostenuta, tra l’altro, dalla scrittrice Tanvi Madan, specializzata nelle relazioni India-Usa-Cina a Washington.

Tensioni regionali

Tra i fattori che logorano questo rapporto, dal punto di vista strategico troviamo il disappunto dell’India riguardo l’iniziativa della Nuova Via della Seta istituita da Pechino, che di fatto le toglie visibilità e manovrabilità nei mari che la bagnano, elevando la Cina a principale attore commerciale dell’area. Un programma che coinvolge anche nazioni come il Pakistan, storico rivale indiano con il quale ha combattuto diverse guerre. 

È di qualche tempo fa il contatto più delicato tra i due paesi, avvenuto a giugno del 2020 in cui alcuni soldati indiani sono morti dopo un confronto con quelli cinesi nella Valle Galwan, in una zona del Kashmir indiano. Le due nazioni vogliono costruire delle proprie infrastrutture sul confine per accaparrarsi il controllo del territorio nella zona contesa, tensioni che continuano tutt’ora. L’unica guerra effettivamente combattuta nel 1962 ha registrato una cocente sconfitta indiana, ma il rischio di un’ulteriore escalation è concreto e la miccia potrebbe accendersi da un momento all’altro in quanto entrambi i paesi hanno molto da giocarsi sia a livello economico che strategico. La Cina è di fatto uno dei principali partner commerciali dell’India e una repentina interruzione di questi rapporti commerciali sarebbe deleteria per entrambi, ma la vicinanza con gli Usa e la loro politica rischia di surriscaldare e mettere nuovamente a repentaglio i rapporti tra i due paesi più popolosi al mondo.

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Per quel che riguarda i rapporti tra India e Pakistan, va ricordato come le relazioni tra i due paesi siano caratterizzate da forti tensioni e guerre dovute a dispute territoriali in merito alla spartizione del Kashmir. Ci sono stati due conflitti importanti, nel 1947 e nel 1965 e uno più limitato nel 1999. È importante sottolineare che India e Pakistan sono due paesi in possesso dell’arma atomica, il che è sicuramente rilevante per la stabilità dell’area. Le rispettive parti di territorio in Kashmir sono demarcate dalla Linea di Controllo che regola anche il fragile cessate il fuoco instituito nel 2003. Nel 2014, anno di insediamento del premier Modi, si intravedeva uno spiraglio di luce nelle relazioni tra India e Pakistan grazie allo svolgimento di diversi meeting tra le rispettive parti. Nel 2016, però, la base dell’esercito indiano vicino alla Linea di controllo a Uri è stata attaccata provocando decine di morti. Il governo indiano ha accusato ufficialmente il gruppo terroristico Jaish-e-Mohammad, che agisce nel Kashmir, con l’intento di separare l’area dall’India per riammetterla nel Pakistan. A seguito di questo evento, ci sono stati diversi botta e risposta da entrambe le parti che hanno continuato a destabilizzare l’area. Nel 2017 e 2018 altre centinaia di eventi simili si sono verificati dando luogo ad un alto numero di morti e feriti sia da parte dell’India che del Pakistan. Solo a maggio del 2018 una telefonata tra le parti ha deciso di provare a far rispettare quel cessate il fuoco instituito nel 2003 e più volte ignorato. La vicinanza del Pakistan alla Cina e quella dell’India agli Usa sono l’ennesimo pretesto per i due paesi per rinnovare le loro reciproche tensioni che aggiungono instabilità ad un’area già tanto sensibile e contesa.

A livello interno l’India deve fronteggiare diverse situazioni spinose che stanno avendo importanti impatti internazionali.  Una di queste riguarda le minoranze etniche sul suo territorio nazionale. Nello specifico il partito che è attualmente al poter, il Bharatiya Janata Party (BJP) guidato dal premier Modi, sta attuando un’opprimente repressione delle minoranze religiose nel nome della “politica Hindutva”, letteralmente: “essere un induista”. E’ la forma predominante dell’Induismo nazionalista del paese, particolarmente radicale ed estremista ha la tendenza a voler inglobare le altre correnti religiose e non. Queste soppressioni hanno portato anche a delle fortissime tensioni con l’organizzazione Amnesty International che dal 1966 lavora in India per il rispetto dei diritti umani. Il governo indiano ha deciso di bloccare i conti correnti di Amnesty in India e questo ha sollevato molti dubbi anche a livello internazionale L’organizzazione ha così deciso di sospendere le sue attività in India. Rajat Khosla, uno dei suoi rappresentanti in India, ha sostenuto che Amnesty sta subendo una serie di attacchi, rappresaglie, minacce dal governo in maniera sistematica nel paese e il governo è stato accusato di aver compiuto delle violazioni sui diritti umani durante alcune manifestazioni religiose tra induisti e musulmani nella capitale New Delhi.

Nell’agosto 2019 Modi ha revocato l’articolo 370 che sanciva lo status speciale e la maggiore autonomia del Jammu e del Kashmir, a maggioranza musulmana, rispetto ad altri stati indiani. L’articolo sopracitato, introdotto in forma provvisoria nel 1949, limitava i poteri del Parlamento indiano sulla regione. Il motivo di questa revoca, secondo il governo, è che tale situazione limitava il processo di integrazione con il resto del paese. A seguito di questo provvedimento, nell’area sono scoppiate inevitabili proteste che hanno spinto il governo indiano ad una violenta repressione con l’invio di migliaia di soldati, la proclamazione del lockdown dell’area e la sospensione di diversi servizi pubblici, tra i quali la chiusura delle scuole in maniera indeterminata, la connessione telefonica e Internet. Nel 2019 Modi ha inoltre introdotto una legge che sanciva un percorso prioritario per agevolare la concessione della cittadinanza a sei minoranze religiose arrivate in India prima del 2015, tra queste è stata esclusa quella musulmana.

Dal punto di vista internazionale gli Stati Uniti sono stati criticati perché appoggiano fermamente l’India in campo militare e geopolitico. Mentre questo genere di repressioni nei confronti della minoranza musulmana è ampiamente tollerato, il comportamento simile della Cina con le popolazioni uigure nella zona dello Xinjiang viene condannato con decisione e fermezza. Numerose tensioni si sono scatenate a seguito delle riforme agricole decise e votate dal Parlamento ad ottobre del 2020. Nello specifico i sussidi statali per l’agricoltura sono stati ridotti drasticamente a favore del settore privato. In questo modo il governo ha sfavorito ancora una volta un settore in piena crisi alla quale lavora il 60% della popolazione indiana ma che frutta allo stato solamente il 15% del PIL.

Soldati sikh indiani a Srinagar, nel Kashmir, il 9 novembre 1947 – AP Photo/Max Desfor

La questione fondamentale è l’approccio al problema. Il governo di Modi, tramite le riforme proposte, non offre delle garanzie agli agricoltori che si trovano sfavoriti nei confronti delle grandi multinazionali. Per questa motivazione, in India si stanno svolgendo dallo scorso novembre pesanti proteste nella capitale e nelle altre principali città che hanno creato numerosi disagi. Il braccio di ferro tra le parti continua e gli agricoltori hanno promesso di interrompere le manifestazioni solamente quando il governo ritirerà le leggi in questione. Emerge ancora una volta la volontà del premier Modi di adottare una politica repressiva estranea ai principi liberali. Così facendo, il capo di stato indiano si espone continuamente alle critiche della comunità internazionale.

L’India è un paese enorme la cui influenza è cresciuta molto negli ultimi anni sia in seguito all’ingresso in varie organizzazioni internazionali che grazie al rapporto con gli Stati Uniti. L’India rappresenta un alleato indispensabile per Washington nell’ottica del contenimento cinese nell’area. La politica repressiva di Narendra Modi e i vari problemi interni che martoriano il paese sono delle questioni che il paese si porta avanti da tempo e che gettano delle ombre sul suo futuro. Varie questioni ancora aperte tra cui la lotta alla pandemia, le relazioni con gli Usa e la Cina e i vari dossier interni su temi economici e sociali sapranno dirci se l’India sarà ingrato di rafforzarsi e quale sarà il suo posizionamento nello scacchiere internazionale.