L’arrivo dell’eroina in Italia e l’inizio del suo consumo di massa tra la popolazione sono coincisi con un periodo di grandi cambiamenti culturali. Il nostro paese era ancora nel vivo degli anni di piombo, era appena stata istituita la legge per il divorzio (1970) e sventato il tentativo di annullarla (1974). Questi sono anche gli anni in cui inizia il dibattito sul diritto alla dignità del paziente psichiatrico e si apre quello relativo alla legittimità dei manicomi.
Se in un primo momento il consumo di eroina riguardava principalmente giovani in contrapposizione con l’establishment politico, tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli anni 80 l’uso divenne comune anche a gruppi diversi diffondendosi soprattutto tra le classi sociali più escluse e disagiate.
Il 1978 rappresenta un apice di cambiamenti, è infatti proprio in questo anno che si verificano due eventi che lasceranno un segno indelebile nella storia della clinica psichiatrica italiana e internazionale. In questo stesso anno infatti viene approvata la Legge Basaglia e fondata la clinica di San Patrignano.
Si tratta di due avvenimenti molto diversi tra loro, che riguardano differenti tipologie di pazienti e approcci terapeutici distinti ma che allo stesso tempo contribuiranno a sviluppare una nuova visione della sofferenza psichica.
Nuova dignità ai malati: la Legge Basaglia
La legge Basaglia ha sicuramente avuto il merito di riconferire dignità alle persone affette da disturbi psichiatrici. Prima di questa legge, in Italia c’erano novantotto ospedali psichiatrici e 89 mila pazienti internati.
La legge precedentemente in vigore, la 36 del 1904, prevedeva che dovessero «essere custodite e curate nei manicomi le persone affette per qualunque causa da alienazione mentale, quando siano pericolose a sé o agli altri e riescano di pubblico scandalo e non siano e non possano essere convenientemente custodite e curate fuorché nei manicomi».
Tuttavia, il concetto di devianza è di per sé poco oggettivo e venivano rinchiuse anche persone che non rappresentavano alcun tipo di pericolo e che, soprattutto, non necessitavano di essere curate in un ospedale, ad esempio, pazienti affetti da depressione e persone dall’orientamento omosessuale o bisessuale.
La Legge Basaglia ha avuto l’importante ruolo di abrogare questo genere di strutture e di screditare l’idea alla base della loro esistenza, prevedendo la sostituzione delle stesse con i centri di salute mentale che si sarebbero dovuti occupare del supporto, della cura e dell’integrazione sociale delle persone con reali disturbi mentali.
Prima della Legge Basaglia i malati venivano segregati ed emarginati. La riforma della psichiatria ha restituito loro dignità e diritti, creando una cultura dell’assistenza orientata all’integrazione nella società piuttosto che alla segregazione del malato psichiatrico. Ad oggi, sono circa venti milioni le persone che sono state curate senza dover essere rinchiuse nei manicomi.
San Patrignano, tra luci e ombre
Sempre nel 1978 Vincenzo Muccioli fonda la clinica per il recupero dei tossicodipendenti di San Patrignano. Si tratta di un approccio diverso rispetto a quello proposto da Basaglia, un’idea di processo di cura nata per aiutare un tipo di paziente molto diverso da quello psichiatrico classico dei manicomi.
Eppure anche in questa prospettiva terapeutica, con elementi di forte contrapposizione rispetto a quelli proposti dalla visione di Basaglia, viene posto l’accento sul valore della persona, un valore che il tossicodipendente dovrà ritrovare per poter riconquistare la libertà dalla sua dipendenza.
È nel valore dato alla dignità dell’individuo che troviamo l’elemento di continuità tra il pensiero nato con la rivoluzione sanitaria di Basaglia e il processo terapeutico che si realizza nella comunità di recupero più famosa d’Italia.
Se per il paziente di Basaglia il recupero dei legami con il tessuto sociale è fine ma anche strumento della terapia, al contrario per il recupero del tossicodipendente disegnato da Muccioli il primo necessario passo è un periodo di segregazione e di allontanamento dalla società. La filosofia della comunità si è sviluppata a partire dall’esperienza con i pazienti. Gli ospiti della comunità generalmente hanno un passato difficile alle spalle, una lunga storia di dipendenza e recidive, dalla quale devono allontanarsi il più possibile.
Una volta entrati nella comunità il percorso di cura prevede una durata minima di tre anni. Tuttavia non ci sono tappe fisse e i tempi variano a seconda delle caratteristiche del singolo individuo.
In questa comunità non è permesso l’uso di farmaci sostitutivi per contrastare l’astinenza, si vive sotto stretto controllo dei responsabili (residenti della comunità che hanno già passato le prime tappe del percorso). Non è consentito vedere i propri amici e famigliari per almeno un anno dall’ingresso nella comunità e i rapporti con l’altro sesso sono ridotti ai minimi termini.
Vediamo quindi un elemento di contrapposizione rispetto all’ideologia nata con Basaglia, un trattamento del paziente che prevede e si basa inizialmente sulla sua emarginazione dalla società e dal mondo esterno. Il fine è proprio restituire dignità e autonomia alla persona e renderla in grado di scegliere la propria vita, ma dalle testimonianze risulta che molto spesso la dipendenza veniva spostata verso la comunità, dalla quale non ci si riusciva più a staccare.
Nella storia di San Patrignano e dello stesso Muccioli restano indubbiamente alcuni elementi d’ombra e noti episodi drammatici e molto gravi. Innanzitutto ovviamente l’omicidio di Roberto Maranzano ad opera di altri opsiti della comunità, e l’accusa allo stesso Muccioli di maltrattamenti e sequestro di persona per avere incatenato alcuni opsiti della comunità.
Tuttavia San Patrignano rappresenta anche un luogo di riscatto sociale e di altruismo e una modalità di trattamento che in un periodo estremamente drammatico ha salvato dalla droga moltissime persone.
Ad oggi San Patrignano dichiara che circa il 70% di coloro che terminano il percorso terapeutico non torna più a fare uso di droga
Resta aperto il dibattito relativo alla libertà del paziente e alla salvaguardia della sua dignità.