Il Senato ha approvato il Ddl per la parità sul posto di lavoro. Tra l’altro, così, vengono introdotti la certificazione della parità di genere e un documento pubblico biennale. Si tratta di strumenti previsti per le imprese con più di 50 dipendenti e per esplicitare le politiche di gestione del personale.

Dal 1° gennaio 2022, infatti dovranno venire illustrate le situazioni femminili e maschili. In relazione ad assunzioni, formazione, promozione professionale, livelli, passaggi di categoria o di qualifica e di altri fenomeni di mobilità. Anche gli interventi di cassa integrazione guadagni, i licenziamenti, i prepensionamenti e i pensionamenti e le retribuzioni effettivamente corrisposte andranno resi noti.

Si tratta complessivamente di un incentivo alla trasparenza che sanziona (fino a 5.000 euro) e premia (con uno sgravio contributivo previdenziale dell’1 per cento nel limite massimo di 50.000 euro annui) i comportamenti aziendali allo scopo di renderli virtuosi (l’elenco delle imprese adempienti e inadempienti sarà infatti pubblico).

Tutto ciò palesa quanto sia ancora necessario abituare all’idea che la parità sul posto di lavoro è un vantaggio. Anche le fonti istituzionali confermano la necessità di accelerazioni sul tema.

Cosa succede in Europa

Secondo le rilevazioni Eurostat, il tasso di occupazione femminile -seppur in aumento- è ancora inferiore all’equivalente maschile in tutti gli Stati membri. In Italia il valore supera di poco il 50 per cento, ma tra alcune eccellenze (la Svezia raggiunge l’80 per cento) si trovano anche livelli davvero bassi (in Grecia pari al 49 per cento). Ugualmente la retribuzione oraria lorda è inferiore (mediamente del 14,1 per cento, con livelli massimi registrati in Estonia che esorbitano il 20 per cento). In proposito, il settore privato risulta maggiormente penalizzato e il gap tende a crescere con l’aumento dell’età (probabilmente per il maggior numero di interruzioni di carriera che le donne sperimentano durante la vita lavorativa).

Anche il premio Nobel 2021 per l’economia David Card ha analizzato il tema della parità retributiva (con uno studio realizzato in Portogallo). Ha quantificato così che le donne ricevono solo il 90 per cento dei premi retributivi rispetto a quanto percepito dagli uomini. In effetti, rispetto al gender pay gap, anche le rilevazioni Eurostat ne mostrano l’esistenza. Se nelle attività finanziarie e assicurative è superiore ai livelli raggiunti dall’economia imprenditoriale nel suo complesso, si tratta però di un aspetto che riguarda tutti i settori in modo trasversale. Analizzando la letteratura scientifica se ne trovano infatti evidenze non solo nella finanza, ma anche nella ricerca scientifica e nella medicina.

Cosa ha comportato la pandemia

L’avvento del Covid-19 poi, se possibile, ha peggiorato ancor più la situazione di disparità. L’International Labour Organization ha rilevato infatti che, tra il 2019 e il 2020, l’occupazione femminile è diminuita del 4,2 per cento. L’equivalente per gli uomini invece è pari al 3 per cento. Inoltre, se l’occupazione maschile (pur compromessa dagli effetti pandemici) riprenderà i livelli del 2019, l’ILO stima che 13 milioni di donne resteranno definitivamente espulse dal mondo del lavoro.

Il bisogno di accelerazione è anzitutto culturale.

Gli stereotipi di genere

In Italia ad esempio, secondo le rilevazioni Istat, oltre il 50 per cento della popolazione è concorde su una serie di asserzioni del tipo “per l’uomo, più che per la donna, è molto importante avere successo nel lavoro”. Oppure “gli uomini sono meno adatti a occuparsi delle faccende domestiche”. Oppure ancora “è l’uomo a dover provvedere alle necessità economiche della famiglia”.

Le percezioni stereotipate sui ruoli previsti per i generi si riverberano poi nelle nuove generazioni. Uno studio pubblicato sul Social Psyhological Bulletin e condotto su un campione di 1.800 giovani trai i 14 e 30 anni, ad esempio, ha rilevato forti differenze di genere nell’impegno profuso durante il tempo libero. I ragazzi optano nettamente per l’attività di politica istituzionale, mentre le ragazze sembrano preferire la partecipazione civica (come il volontariato). Più in generale, l’Osservatorio InDifesa -raccogliendo le opinioni di 1.500 giovani tra i 20 e 30 anni- ha rilevato una certa disillussione sulla possibilità che la parità di genere venga raggiunta (per il 60 per cento dei rispondenti si tratta di un traguardo “molto lontano“).

Anche l’OCSE denuncia il permanere di convinzioni stereotipate che -interpretate come norme sociali- vengono interiorizzate e rallentano l’inclusione femminile. Asserzioni del tipo “gli uomini dovrebbero avere più diritti a un lavoro rispetto alle donne quando i posti di lavoro sono scarsi” trovano l’accordo del 70 per cento della popolazione censita. Anche così si perpetua una visione del mondo del tipo man/breadwinner che depriorizza e sottovaluta il contributo economico delle donne.

I vantaggi della parità

Invece, assicurando la parità di genere, si ottengono anche una serie di vantaggi economici. Secondo l’European Institute for Gender Equality, migliorando l’uguaglianza, si creerebbero 10,5 milioni di nuovi posti di lavoro nel 2050. Si raggiungerebbe anche un livello di occupazione dell’80 per cento. Così, si produrrebbero anche effetti diretti sul PIL pro capite che potrebbe aumentare così fino al 5,5 per cento nel 2050. Anche la competitività ne risulterebbe rafforzata (con un aumento delle esportazioni del 2,3 per cento).

Ora, con l’approvazione del Ddl, abbiamo l’opportunità di verificare “in vivo” se un incentivo anche alla trasparenza retributiva produrrà effetti positivi in Italia.

Gli effetti (teorici) della parità retributiva

Uno studio pubblicato su Business Horizons ha già riflettuto sugli effetti della promozione di misure simili tra le aziende, allertando riguardo l’esistenza di alcuni rischi. I dipendenti possono infatti interpretare la diffusione dei dati come lesiva della privacy. Oppure, rendendosi possibile un confronto salariale, possono rispondere con segnali di insofferenza rispetto ai corrispettivi che già percepiscono (per una generale tendenza a sopravvalutare il proprio contributo e sottovalutare l’apporto altrui). Oppure ancora, in casi limite, in cui si traggono conclusioni spurie dai dati, si possono anche innescare atteggiamenti di defezione formale o informale.

Ogni nuovo strumento produce infatti degli effetti che spingono ad un diverso equilibrio nel mercato del lavoro. Da un lato, le aziende possono cambiare le politiche di assunzione e di attribuzione dei salari e, d’altro lato, i lavoratori possono adeguare le loro strategie di contrattazione.

Gli effetti (pratici) della parità retributiva

Una sperimentazione realizzata con un modello di contrattazione nel contesto del settore privato statunitense, ad esempio, ha concluso che i tentativi di correggere le disuguaglianze salariali rese trasparenti si risolvono in una riduzione del potere contrattuale individuale dei lavoratori. I dipendenti infatti finiscono per ottenere salari medi inferiori (fino al 2 per cento) perchè i datori di lavoro -per evitare costose rinegoziazioni- iniziano indiscriminatamente a rifiutarsi di pagare salari elevati a qualsiasi lavoratore.

Riguardo alla trasparenza retributiva non vi sono solo elaborazioni teoriche, ma vi sono degli studi anche a partire da interventi legislativi effettivamente realizzati anche in Europa.

Uno studio realizzato a seguito della legge sulla trasparenza retributiva di genere in Austria, ad esempio, non ha registrato variazioni positive nei salari ottenuti dalle donne o nella compressione del divario salariale di genere. Anche i tentativi di introduzione della trasparenza salariale nel mercato tedesco non sono stati esenti da problemi.

Fin qui si è avuto perlomeno il pregio di avviare un dibattito pubblico e politico sul gender pay gap (che potrebbe realizzare effetti concreti nel lungo termine).

Sapremo fare di meglio?


Riferimenti bibliografici (estratto)

Ahrens P., Scheele A., 2021, Game-Changers for Gender Equality in Germany’s Labour Market? Corporate Board Quotas, Pay Transparency and Temporary Part-Time Work, GP

Boheim R., 2021,The Austrian Pay Transparency Law and the Gender Wage Gap, CESifo

Cullen Z. B., Pakzad-Hurson B., 2021, Equilibrium Effects of Pay Transparency, WP

Heisler W., 2021, Increasing pay transparency: A guide for change, BH