Lo scorso 24 ottobre il ministro della difesa israeliano Benny Gantz ha accusato 6 ong palestinesi che si occupano di diritti umani (Addameer, che assiste i prigionieri politici palestinesi, Al Haq, un’organizzazione che lavora anche con le Nazioni Unite, Defense for Children International-Palestine (DCI-P), Union of Agricultural Workers Committees (UAWC), Bisan Center for Research and Development e Union of Palestinian Women Committees) di essere organizzazioni terroristiche e di avere forti legami con il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP). Il FPLP è un partito e movimento politico di ispirazione marxista, che è al momento presente nel Consiglio legislativo palestinese con 3 seggi e che possiede un’ala armata. Il movimento è considerato da anni un gruppo terroristico sia da Israele che da Stati Uniti e Unione Europea. Il provvedimento autorizza l’esercito a chiudere le sedi delle organizzazioni e, soprattutto, comporta il divieto dei finanziamenti delle loro attività.
Con l’accusa intrattenere stretti rapporti con il FPLP, dunque, Gantz (già capo di stato maggiore dell’esercito israeliano, strenuo oppositore e poi partner di governo di Benjamin Netanyahu) cerca di screditare il lavoro delle Ong palestinesi agli occhi degli alleati occidentali, e spera di indurli a interrompere ogni genere di sostegno nei loro confronti. Una delle ragioni che può aver spinto Gantz a prendere una decisione tanto avventata è da ricercare nella collaborazione che una delle organizzazioni sotto attacco (Al Haq, “La verità”) ha recentemente avviato con la Corte Penale Internazionale. Al Haq ha recentemente trasferito alla Corte dell’Aja una serie di documenti che certificherebbero le violazioni dei diritti umani compiute dall’esercito israeliano durante la guerra a Gaza del 2014, quando lo stesso Gantz era comandante in capo dell’esercito israeliano.
La decisione ha suscitato reazioni di sdegno da parte di gran parte dell’opinione pubblica internazionale, della società civile e degli stessi rappresentanti delle istituzioni. Human Rights Watch e Amnesty International hanno condannato senza riserve le dichiarazioni di Gantz, affermando di voler continuare a collaborare con le Ong sotto attacco e parlando di “attacco sfacciato che mira a paralizzare il lavoro della società civile palestinese”. Si è spinto oltre il centro israeliano per i diritti umani B’Tselem che ha parlato di “mossa tipica dei regimi autoritari”.
La stessa opposizione politica israeliana (che rappresenta oggi una componente minoritaria vista la trasversalità dell’alleanza di forze politiche che sostengono il governo di Naftali Bennett) ha criticato la mossa di Gantz, evidenziando come il tentativo di rendere illegittimo l’attivismo pacifico possa rendere inevitabile la scelta di contestare con la violenza le violazioni dell’occupazione.
La stessa amministrazione Biden ha criticato la mossa, e il portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price ha affermato che “chiederà ai partner israeliane di fornire ulteriori prove a sostegno della designazioni” e parlato dell’importanza del rispetto dei diritti umani. Le dichiarazioni di Price, per quanto piuttosto generiche, lasciano trasparire la completa unilateralità della decisione del governo israeliano. Il nuovo corso democratico è qui chiamato a dare un segnale di discontinuità nei confronti del quadriennio di Donald Trump alla Casa Bianca, e proprio i proclami fatti da Joe Biden sia nel corso della campagna elettorale che nei primi mesi di presidenza riguardanti la centralità del rispetto dei diritti umani dovrebbero qui tradursi in una netta presa di posizione nei confronti di una decisione che è con ogni evidenza tanto sconsiderata quanto avventata.
Lo Shin bet (i servizi segreti israeliani) aveva fornito negli scorsi mesi prove a ad alcuni paesi europei a sostegno delle accuse di terrorismo nei confronti delle Ong. Secondo i ministri degli esteri di Belgio e Olanda, tuttavia, le prove presentate da Israele non erano sufficienti e non esiste nulla di concreto a sostegno delle designazioni di Gantz. L’Unione Europea ha spesso preso le distanze, tiepidamente, dalle decisioni di Israele e dalle sue violazioni. Alle dichiarazioni non sono mai seguiti provvedimenti concreti, e, soprattutto, i i singoli paesi che fanno parte dell’Unione intrattengono rapporti distesi e diretti con Tel Aviv e già in più occasioni hanno dimostrato di anteporre (nei fatti) gli interessi strategici e commerciali alle considerazione di natura umanitaria e riguardanti i diritti individuali e collettivi.
Da parte sua, proprio nelle ultime settimane il Regno Unito ha affermato, attraverso il Segretario di Stato per gli affari interni Priti Patel, di voler inserire Hamas nella lista delle organizzazioni terroristiche. Il braccio armato di Hamas, le brigate Al Qassam, erano già nella lista da anni, ma il nuovo provvedimento comporterebbe l’inserimento dell’intera impalcatura politica di Hamas nel novero delle organizzazioni terroristiche, vietando ogni manifestazione di sostegno e supporto per il movimento e portando Londra ad allinearsi con quanto già avviene negli Stati Uniti e nell’Unione Europea. Una mossa che si pone in contro tendenza con le imponenti dimostrazioni supporto alla causa palestinese che hanno avuto luogo nel corso dell’escalation a Gaza dello scorso aprile e che getta ulteriore benzina sul fuoco delle accuse di antisemitismo che erano state lanciate verso l’ex leader laburista Jeremy Corbyn e di altri membri del partito.
Storicamente, il ricorso alle accuse di “terrorismo” nei confronti di ogni genere di resistenza da parte del popolo palestinese è stato utilizzato per legittimare gli attacchi spesso indiscriminati nei confronti di civili e indifesi da parte di Israele e delle IDF. Ancora oggi, con ogni evidenza, il governo israeliano utilizza il termine “terrorismo” per screditare e isolare il lavoro di quelle stesse organizzazioni palestinesi che, con il loro impegno e sforzo decennale, rappresentano una delle poche speranze di poter trovare una soluzione pacifica alla questione. Mentre, con ogni probabilità, la decisione del Regno Unito di considerare Hamas organizzazione terroristica in toto risponde a considerazioni di politica interna e non costituirà un grosso cambiamento nella realtà dei fatti, la mossa di Gantz sembra un ennesimo tentativo di colpo di mano da parte di una classe politica che per anni è stata abituata a essere impunita e assecondata.
Proprio nell’ultimo periodo sono emerse inchieste che dimostrano come negli ultimi anni Israele abbia portato avanti un programma di sorveglianza nei confronti degli attivisti in Cisgiordania con utilizzo di riconoscimento facciale, telecamere e smartphone. Unione Europea, Stati Uniti e mondo occidentale sono chiamati a una compiere una scelta. La fine dell’era Netanyahu non ha cambiato le carte in tavola per Israele, e per Joe Biden è il momento di uscire dal solco tracciato negli ultimi anni da Donald Trump.