A cura di Corrado Montagnoli

La storia dell’Eritrea, che per cinquant’anni fu colonia del Regno d’Italia, affonda le radici nell’antichità e trova le proprie origini in un potente e millenario impero. Come si sviluppò l’Impero di Axsum? Quali furono i rapporti tra l’Eritrea e la vicina Etiopia? Qual’era il contesto storico del Corno d’Africa all’arrivo degli italiani?

Perché una storia dell’Eritrea

Quando nel 1890 gli italiani dovettero decidere un nome per i territori conquistati nel Corno d’Africa, coniarono il nome Eritrea, rifacendosi all’antico nome romano Erythreum, con cui indicavano il Mar Rosso. Nasceva la prima colonia del Regno d’Italia. Oltre ad antichi e confusi ricordi coloniali, nel sentito comune si conosce molto poco dell’Eritrea. Si ricorda, magari, che si rese indipendente nel 1993 a seguito di una lunga e sanguinosa guerra civile contro l’Etiopia ma pochi sospetterebbero che queste terre furono la culla di un grande e millenario impero, considerato una potenza mondiale al pari dell’Impero Romano e dell’Impero Cinese. Un glorioso passato a cui si richiamavano le milizie eritree negli anni Novanta e soprattutto il Fronte di Liberazione del Tigrè in tempi più recenti.

Come spesso accade, la portata e l’importanza della storia del continente africano è sminuita o del tutto ignorata, divisa in un momento pre-coloniale e uno coloniale, spesso utilizzato come uno spartiacque per separare la preistoria dalla storia. Quando gli italiani misero piede per la prima volta sulle coste del Corno d’Africa, non si trovarono dinnanzi a una terra priva di storia o cultura ma ai discendenti di grandiosi regni, che non restarono isolati dal resto del mondo fino all’arrivo europeo ma presero anzi parte a pieno titolo a quella che noi definiamo Storia.

Una cartina dell'Eritrea @Wikimedia
La cartina dell’Eritrea @Wikimedia

Dalla preistoria all’Impero di Axsum: le origini comuni della storia dell’Eritrea e dell’Etiopia

Pastori nomadi e agricoltori abitarono l’altopiano etiopico-eritreo sin dagli albori della storia. A partire dal 1000 a.C., popoli provenienti dall’Hadhramawt, regione meridionale dello Yemen migrarono verso le terre eritree. Essi si stanziarono nel lembo di terra compresa tra le coste del Mar Rosso e l’odierna regione del Tigrè. Da quest’unione si generò la civiltà Damot (VIII-V secoli a.C.), di cui restano pochissime testimonianze. Questa portò successivamente alla creazione dell’Impero Axsumita, una delle civiltà più longeve e fiorenti della storia africana, nonché luogo d’origine comune dell’Eritrea e dell’Etiopia. Fondato intorno al I secolo a.C., al suo apogeo (nel IV secolo d.C.) l’impero circoscriveva i territori dell’odierna Eritrea, della parte settentrionale dell’altopiano etiope, di parte del Sudan e delle propaggini meridionali dello Yemen e dell’Arabia Saudita.

Domini diretti e aree di influenza dell'Impero di Axsum al suo apogeo, origine comune della storia dell'Eritrea e dell'Etiopia @proudpeople.fr


Domini diretti e aree di influenza dell’Impero di Axsum al suo apogeo, origine comune della storia dell’Eritrea e dell’Etiopia @proudpeople.fr

Sebbene la capitale Axsum, sorgesse (e sorge tutt’ora) nell’attuale Etiopia settentrionale, nel Tigrè, i territori eritrei erano l’effettivo epicentro politico ed economico dell’Impero. Tutti i commerci e le comunicazioni transitavano infatti attraverso l’antico porto di Adulis, situato poco più a sud dell’attuale Massawua: un vero e proprio portale di accesso verso i mercati dell’Arabia, della Persia e dell’India. Nell’Impero si parlava il ge’ez, lingua semitica (estinta nel XVI secolo) da cui derivarono il tigrè e il tigrino, parlate nell’odierna Eritrea.

Il rapporto con l’Impero Romano d’Oriente

Axsum ebbe intensi rapporti anche con il mondo mediterraneo e soprattutto con la corte di Costantinopoli da cui fu profondamente influenzata nella lingua e nel sistema legale. Furono non a caso due fratelli greci ad introdurre il cristianesimo alla corte axsumita. Nella prima metà del IV secolo, re Ezanà proclamò il cristianesimo religione di stato. Questi fu lo stesso sovrano che fece erigere la Stele di Axsum, l’obelisco della discordia che decorò Roma tra il 1935 e il 2005. Nonostante alcune divergenze dottrinali, dovute alla mancata adesione al concilio di Calcedonia, la chiesa etiope-eritrea presenta forti somiglianze con la chiesa greco-ortodossa.

I rapporti amichevoli con i Bizantini si concretizzarono anche in azioni militari: nel 525 re Kaleb rispose alla chiamata d’aiuto dell’imperatore Giustiniano, muovendo guerra e annichilendo l’esercito degli Himiyar, popolo yemenita di religione ebraica guidato in rivolta dal sovrano Dhu Nuwas.

I rapporti con il mondo islamico

Il progressivo declino dell’Impero Axsumita iniziò a partire dal VII secolo, quando l’avanzata islamica separò il Corno d’Africa dall’area mediterranea. Axsum perse influenza sulla penisola arabica ma mantenne buoni rapporti economici con il Medio-Oriente. Secondo la leggenda, durante l’Hejira, la fuga di Maometto dalla città della Mecca, il Profeta e i suoi primi seguaci trovarono rifugio sicuro presso la corte del re axsumita Armah. In cambio dell’ospitalità, Maometto dichiarò quelle terre inviolabili. Di fatto, l’Impero fu risparmiato dalle principali offensive arabo-islamiche per molti secoli.

Le rovine di Adulis, il più importante porto antico nella storia dell'Eritrea @Flickr
Le rovine di Adulis, il più importante porto antico nella storia dell’Eritrea @Flickr

I secoli misteriosi della storia dell’Eritrea: il medioevo del Corno d’Africa

L’indebolito impero axsumita iniziò lentamente a spostare il proprio baricentro a sud, sull’altopiano etiope. Axsum cadde definitivamente nel 960 sotto i colpi della leggendaria regina Gudit: con il collasso imperiale, il Corno d’Africa entrava nella sua fase medievale, ancora oggi poco nota per mancanza di fonti. Le popolazioni Beja, di cultura cuscita, provenienti dal Sudan, investirono le terre settentrionali eritree con numerose ondate migratorie. I Beja stabilirono piccoli regni, che si susseguirono nel nord dell’Eritrea fino al XIII secolo.

Dati i rapporti commerciali con il mondo arabo, le terre eritree furono penetrate dalla religione islamica a partire dal VII secolo. Gli abitanti dell’arcipelago delle Isole Dahlak, al largo delle coste di Massawa, furono tra i primi nel continente africano a convertirsi all’islam. I mercanti arabi occuparono poi le isole, ponendo in questo modo sotto il loro controllo il commercio del Mar Rosso, e infine le riorganizzarono in un sultanato.

Medri Barhi e i “Re del Mare”

Nel 1137, mentre a sud la dinastia Zagwue prendeva il controllo dell’altopiano etiope, le terre eritree cominciarono ad essere chiamate “le terre tra il fiume e il mare”, Ma’ikele Bahr, poiché comprese tra il fiume Mereb e il Mar Rosso. Queste regioni erano governate dal “Re del Mare”, o Bahr Negash, un sovrano formalmente assoggettato ai sovrani etiopi. In pochi secoli, tuttavia, il regno di Medri Bahri, questo il nome con cui passò alla storia, riuscì ad ottenere larga indipendenza. A partire dal X secolo iniziarono infatti a manifestarsi le prime tendenze separatiste del Tigrè e dei territori dell’attuale Eritrea, che nel tentativo di rendersi autonomi subirono più volte campagne di riconquista da parte dell’Impero Etiope, sorto a partire dal 1270.

Nel 1433, l’Imperatore etiope Zara Yaqob decise di stabilire una colonia militare perenne nel Medri Barhi e istituì formalmente il titolo di Bahr Negash, concedendolo ad un fidato membro della sua dinastia, in modo da assicurarsi il controllo sulla regione ribelle. Tuttavia, già nel XVI secolo, le cronache di viaggio portoghesi riferiscono come il Medri Bahri fosse un ricchissimo regno, con capitale Debarwa, tributario, sì, del trono etiope ma di fatto indipendente. La fortuna del regno eritreo si fondò sul commercio di oro, rame e avorio.

L’arrivo degli ottomani e la decadenza del Medri Bahri

Medri Bahri resistette a lungo e contro ogni probabilità alle incursioni nubiane dal Sudan, ai tentativi di riconquista etiopi e soprattutto agli attacchi dell’Impero Ottomano. Con gli anni, tuttavia, a causa dei continui attacchi turchi, l’accesso al Mar Rosso fu beffardamente precluso al “Re del Mare”, causando l’inizio del declino del Medri Bahri. Nel XVII secolo i principali porti eritrei erano già tutti nelle mani degli Ottomani e dei loro sultanati vassalli.

I territori costieri eritrei furono poi ceduti dagli Ottomani all’Egitto nel 1872, che al tempo era protettorato britannico. In questo modo aumentò l’influenza inglese nell’area del Mar Rosso.

La conquista etiope

Del tutto alla mercé degli attacchi etiopi, il Medri Bahri fu sconfitto e completamente annesso all’Etiopia nel 1879, per mano di Ras Alula, condottiero etiope conosciuto anche come il “Garibaldi abissino”, comandante delle forze di Addis Abeba nella battaglia di Dogali (26 gennaio 1887) e nell’infausta (dal punto di vista italiano) battaglia di Adwa (1 marzo 1896).

Rappresentazione di un centro abitato dell'Eritrea ai tempi del Medri Bahri nel 1805 @Alchetron
Rappresentazione di un centro abitato dell’Eritrea ai tempi del Medri Bahri nel 1805 @Alchetron

I primi contatti italiani con il Corno d’Africa

Sottomesso il Medri Bahri, l’Impero Etiope ebbe poco tempo per godere delle terre eritree. Un regno europeo, da poco unificato, aveva infatti messo gli occhi sulle coste del Mar Rosso.

I primi contatti tra l’Italia e il Corno d’Africa risalivano al XV secolo, quando l’Imperatore etiope richiamava al suo servizio le maestranze veneziane e fiorentine. Successivamente, missionari cappuccini e lazzaristi furono autorizzati a stabilire piccole stazioni lungo le coste eritree, tra il 1838 e il 1846. Tuttavia, l’interesse italiano al Mar Rosso si accese veramente a partire dal 1869, all’apertura del Canale di Suez. Lo stesso anno, Giuseppe Sapeto, missionario dell’ordine di San Lazzaro, intuite le potenzialità di una colonia italiana nell’area, acquistò dai sultani locali la baia di Assab, un piccolo porto situato nelle coste meridionali eritree, scegliendo di far figurare l’acquisto a nome della Società di Navigazione del genovese Raffaele Rubattino, per non causare un’eventuale reazione della Gran Bretagna, che controllava l’area.

Missioni commerciali e diplomatiche italiane

Seguirono ben settanta spedizioni commerciali e geografiche, che ebbero modo di sondare le potenzialità coloniali della zona e tentarono di instaurare rapporti diplomatici con l’Imperatore etiope, insospettito dalla presenza italiana. Dopo la fallimentare spedizione diplomatica di Pellegrino Matteucci alla corte dell’imperatore Yohannes IV (il sovrano etiope sperava invano nell’aiuto italiano per cacciare gli anglo-egiziani da Massawa), il Ministero degli Esteri italiano si concentrò nella costruzione di buoni rapporti con Menelik, Ras dello Shewa (che divenne poi imperatore con il nome di Menelik II).

La Gran Bretagna, preoccupata di vedere crescere le inferenze francesi e tedesche nell’area, decise di incoraggiare la presenza italiana lungo le coste eritree. Roma non era una potenza che potesse destare preoccupazioni ma anzi poteva essere una potenziale alleata. Dunque, nel 1881 Londra autorizzò il Bel Paese ad occupare i territori di Raheita e nel 1882, dopo diversi anni di incuria, il Regno d’Italia acquistò ufficialmente Assab e i territori circostanti.

Ras Alula, protagonista della storia contemporanea dell'Etiopia e dell'Eritrea @Wikimedia
Ras Alula, protagonista della storia contemporanea dell’Etiopia e dell’Eritrea @Wikimedia

Da Assab alla creazione della colonia d’Eritrea

Nel 1883, il conte Pietro Antonelli, inviato del Ministero, facendo leva sulla rivalità tra l’Imperatore e Ras Menelik, riuscì a firmare un accordo di amicizia con quest’ultimo e a pattuire la creazione di una rotta commerciale che unisse Assab allo Shewa.

Nel 1885, Addis Abeba riuscì finalmente a cacciare con successo gli egiziani da Massawa, grazie all’intervento di Ras Alula nel 1883. Ma prima che l’Etiopia potesse occupare la città, di nuovo Londra diede una spintarella all’imperialismo italiano. Così facendo, autorizzò il Regno d’Italia ad occupare Massawa (sempre in chiave antifrancese): le truppe italiane entrarono nella città portuale nel febbraio 1885. Nel 1887 Roma ritenne di doversi espandere, per motivi difensivi, nei territori limitrofi ma così facendo entrò in contatto con l’Impero Etiope e nello specifico con Ras Alula. Il 27 gennaio 1887 una colonna di cinquecento militari italiani fu massacrata in un’imboscata a Dogali. Quando una guerra tra Etiopia e Italia sembrava inevitabile, Yohannes IV, impegnato a pacificare i suoi turbolenti Ras, allontanò le truppe dal possedimento italiano. Cautamente, Roma avanzò nell’entroterra e occupò, non senza combattere, Cheren e Asmara.

Il trattato di Uccialli e la creazione della colonia d’Eritrea

Nel 1889 Yohannes morì e al suo posto fu eletto Menelik. Il Ras di Shewa, prima ancora di essere incoronato, firmò frettolosamente, nella località di Uccialli, un trattato di amicizia (sempre orchestrato da Pietro Antonelli), in cui “acconsentiva ad avvalersi della mediazione diplomatica italiana per trattare con gli altri stati europei”. Roma, invece, lesse il trattato come la chiara subordinazione dell’Etiopia all’Italia e al pieno riconoscimento dei domini eritrei. Il 1 gennaio 1890 il Regno d’Italia proclamò ufficialmente la creazione della colonia d’Eritrea, con capitale Asmara, dominio coloniale primogenito di Roma, che qui avrebbe imperato fino al 1941.

Per approfondire:

  • Christopher Ehret, The civilizations of Africa – A History to 1800, University of Virginia Press, 2016
  • Mussie Tesfagiorgis, Eritrea, Santa Barbara, Abc-Clio Inc, 2010
  • Nicola Labanca, Oltremare. Storia dell’espansione coloniale italiana, Bologna, Il Mulino, 2002