Killing Eve è la serie TV britannica in onda dal 2018 su BBC America (in Italia su TIMvision). Scritta da Phoebe Waller-Bridge, già celebre per il successo di Fleabag, e basata sul romanzo Codename Villanelle di Luke Jennings, mira a scandagliare la complessità della psiche umana e mostrarne i meccanismi ossessivi. Cerchiamo di capire, senza spoiler, i temi di cui si occupa e gli interrogativi che solleva.

Lo show ha fin da subito un grande successo, ottenendo numerose candidature e premi, come il Golden Globe e l’Emmy Award, e raggiungendo un pubblico internazionale. Le tre stagioni ora disponibili saranno seguite da una quarta e ultima serie nel 2022.
Le protagoniste sono due: Eve Polastri, interpretata da Sandra Oh, celebre per aver recitato in Grey’s Anatomy e che torna in televisione dopo qualche anno di assenza, e Villanelle (Jodie Comer), nome in codice di Oksana Astankova. La prima fa parte del MI6, l’agenzia di spionaggio britannica, la seconda è una sicaria per una misteriosa organizzazione segreta, i Dodici. Le loro strade si incrociano presto e l’una diventa l’oggetto dell’ossessione per l’altra. Killing Eve riprende quindi il modello della spy story, eppure introduce una serie di novità che l’hanno resa una delle serie più innovative e riuscite degli ultimi anni.

Trailer della prima stagione

Innanzitutto i ruoli tradizionali del thriller – il personaggio che simboleggia la legge e quello che commette i crimini – sono affidati a due donne. Inoltre le protagoniste, forgiate dalla penna di Waller-Bridge – ben nota per la sua tendenza a manipolare e sovvertire i generi narrativi – non rispettano pienamente i ruoli loro affidati, ma si scambiano costantemente di posto. Già dopo pochi episodi non è più certo chi sia l’inseguitrice e chi l’inseguita, chi conduce le indagini e chi non vacilla quando commette un delitto. Entrambe sono incredibilmente intelligenti, notano ciò che i colleghi non vedono e sanno calarsi a fondo nella psicologia dell’altra, fino a perdersi in essa.

Questa confusione dei ruoli è esattamente l’elemento che attira il pubblico e lo porta a interrogarsi: qual è il personaggio buono e quale il cattivo in questa serie? Non c’è. Attraverso l’attrazione e l’ossessione che Eve e Villanelle sviluppano, lo show mostra come ogni essere umano abbia un’identità incredibilmente sfaccettata e, di conseguenza, il passaggio da un polo morale all’altro non può che essere rapido. Villanelle è sociopatica, ma anche il ritratto psicologico di Eve viene messo in discussione sempre più spesso con il procedere dello show.

La sicaria, inoltre, lascia delle tracce dietro di sé, come una firma, ma anche l’investigatrice, perché l’altra la possa sempre trovare. Il rapporto tra le due protagoniste mette in crisi il concetto stesso di nemesi. Le due si cercano, si danno la caccia, eppure si proteggono a vicenda, arrivando anche a dialogare e scendere a patti. Una continua oscillazione tra attrazione (anche sensuale) e repulsione.

Trailer della seconda stagione

Le protagoniste, inoltre, sono costruite a tutto tondo già di per sé, al di là del loro rapporto così affascinante. Villanelle è una sicaria spietata, amorale, che non vacilla davanti a nessuna delle vittime assegnatele. Nonostante un rapporto con la famiglia non facile, non è spinta a questa vita da traumi infantili o altre costanti che caratterizzano solitamente i serial killer. A lei piace il suo lavoro e lo fa bene. Le dà la possibilità di guadagnare molto, condurre una vita agiata ed essere creativa. I suoi delitti, infatti, hanno sempre una forte componente scenica, Villanelle non vuole che siano noiosi.

Eve, d’altro canto, conduce una vita ai limiti della monotonia, tra un lavoro di basso profilo e un matrimonio felice ma ancorato alla routine. Osservando le tracce lasciate dalla sicaria, si illumina, inizia a intravedere una rete di connessioni che nessun altro è capace di individuare. La caccia a Villanelle la riempie di entusiasmo e dà valore alla sua intelligenza. Il suo nuovo lavoro al MI6 rivela le sue abilità ai colleghi e alle colleghe, ma soprattutto a se stessa. Inizia a condurre una vita diversa, per cui è davvero portata, e ad ammettere una nuova scala di priorità in cui, ad esempio, il suo matrimonio non è in cima.

Trailer della terza stagione

Accanto alle protagoniste c’è un ulteriore personaggio femminile e dai confini vaghi, risultato dall’alterazione della spy story: Carolyn Martens, la direttrice del Russian Desk al MI6 interpretata da Fiona Shaw. È il vero motore della storia, colei che le ridà vigore quando Eve e Villanelle si perdono e smettono di cercarsi. Carolyn ha messo l’agente segreta sulle tracce della sicaria, le ha offerto un lavoro al MI6, ha fatto il doppio gioco quando ha trovato accordi più convenienti per poi coinvolgerle di nuovo entrambe.

Ricopre il ruolo dell’aiutante nella vicenda ma, in uno show in cui non si distingue più chi insegue da chi viene inseguita, a chi sta dando il suo sostegno? Con la sua ridotta capacità empatica e la sua ferma lucidità, Carolyn mostra quanto sia difficile incasellare gli esseri umani sotto etichette precise. Il suo personaggio è lo specchio delle infinite sfumature delle posizioni assunte davanti ai poli morali del male e del bene.

Carolyn Martens nella serie TV Killing Eve. Credits: BBC
Carolyn Martens (Fiona Shaw) in Killing Eve. Credits: BBC

Senza anticipare nulla della trama, si può dire che la terza stagione si chiude con uno scambio di battute molto significativo per comprendere l’ambiguità delle protagoniste. «Credi ch’io sia un mostro?» chiede Villanelle ed Eve risponde: «Penso che tutti abbiamo dei mostri dentro di noi; solo che la maggior parte delle persone riesce a tenere nascosto il proprio». Killing Eve mette in scena la confusione della bussola morale perché una divisione netta tra bene e male non c’è. Prevalgono le sfumature e le interpretazioni suscitate dal mostro presente in ciascuno di noi.