Abbiamo un grandissimo patrimonio culturale che viene sfruttato solamente nei proclami come motore per una ripartenza seria del Paese. Le vicende dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano dimostrano che la cultura, come valore fondante di una società e opportunità economica, è solo una lontana chimera.
La storia per The Pitch è un ausilio alla comprensione del presente, attraverso il metodo scientifico basato sullo studio bibliografico ma, soprattutto, sulla ricerca presso Archivi, Enti e Istituti statali e non. Fin dall’inizio, come redazione, ci siamo imposti di raccontare la storia calandola nel contesto storico per analizzare il divenire delle questioni poste e cercare di comprendere al meglio il mondo di oggi.
Purtroppo, in Italia la Storia, e la sua sorella erroneamente considerata minore, la geografia, sono state abbandonate e relegate a puro ornamento dei programmi scolastici, creando dei percorsi che non lasciano speranza alla costruzione del pensiero storico, basato sulla contestualizzazione e la progressione temporale,
Eppure:
Questo è Marc Bloch che cita Jules Michelet, il non plus ultra degli historien francesi, due studiosi che hanno ricostruito, da un punto di vista evenemenziale e sociale, l’identità della Grand Nation che in cambio ha dedicato ai due cultori archivi, fondazioni e nel caso di Marc Bloch – eroe della Resistenza per la quale combatté fino all’estremo sacrificio nel 1944 – addirittura un ateneo: l’Université Marc Bloch di Strasburgo.
Al di qua delle Alpi, al contrario, come dicevamo sono tempi bui non solo per gli storici ma anche per la materia, che un tempo veniva considerata magistra vitae.
Non è un paese per storici e nemmeno per la storia quello in cui ha luogo la drammatica vicenda dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano.
La struttura è frutto della fusione del Comitato Nazionale per la storia del Risorgimento, istituito dal Regio Decreto del 17 maggio 1906, con il compito di: «raccogliere, preparare ed ordinare i documenti, i libri e tutte le altre memorie che interessano la storia del risorgimento italiano e di prepararne e facilitarne lo studio» e della Società Nazionale per la storia del Risorgimento, soggetto di natura privata, organizzata in forma associativa e fondata il 9 novembre 1906 a Milano.
Dall’Unione di queste due entità nel 1936 venne fondato l’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano.
L’Istituto ha sede a Roma nel complesso monumentale del Vittoriano e «ha per compito di promuovere e facilitare gli studi sulla storia d’Italia dal periodo preparatorio dell’Unità e dell’Indipendenza sino al termine della prima guerra mondiale, raccogliendo documenti, pubblicazioni e cimeli, curando edizioni di fonti e di memorie, organizzando congressi scientifici» (art. 1 dello Statuto).
L’ente è guidato da un Presidente, nominato dal Ministro per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo ed è coadiuvato da un Consiglio di Presidenza costituito da 18 membri, di cui 13 docenti universitari di Storia del Risorgimento e di discipline affini o studiosi di sicura fama, e 5 membri eletti dalla Consulta composta a sua volta dai rappresentanti dei Comitati Provinciali, questi sono appendici territoriali. Sono presenti comitati anche all’estero.
Esso conserva nel suo archivio un ampio patrimonio documentario e iconografico che costituisce una delle fonti principali per lo studio dell’Italia e del contesto internazionale dalla fine del XVIII secolo alla prima guerra mondiale.
Tra le attività principali vi sono mostre, pubblicazioni attraverso delle collane e convegni internazionali, tra cui spicca l’appuntamento biennale organizzato dall’istituto su temi e problemi della storia risorgimentale.
Ma una delle attività più importanti è quella rivolta alle scuole, attualmente sospesa.
Nel luglio del 2017 l’Istituto è stato commissariato da parte del Ministero per i Beni e le attività culturali e per il Turismo, al fine di riordinare la contabilità e redigere il nuovo statuto nazionale.
Nel luglio di quest’anno l’attività dell’Istituto è stata sospesa per scadenza del mandato commissariale, non rinnovato da parte del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo.
Il personale rimasto nella sede centrale dell’Istituto non percepisce lo stipendio da ben cinque mesi, pur continuando a lavorare; si è interrotta l’attività scientifica ed editoriale; il Museo Centrale del Risorgimento è stato chiuso al pubblico.
Sono stati interrotti tutti i rapporti con le appendici territoriali in Italia e all’estero.
Per questo motivo i lavoratori dell’Istituto hanno lanciato una petizione per portare ufficialmente la questione all’attenzione del Ministro competente.
Il penoso prolungarsi di questa situazione di congelamento delle attività dell’ Istituto è un chiaro esempio di mancanza di sensibilità storica e di rispetto per chi lavora e usufruisce di servizi culturali di cui tanto ci si riempie la bocca in Italia – al momento l’unica esposizione ufficiale sul Risorgimento italiano è negli Stati Uniti presso la sede della Difesa Statunitense del Pentagono – .
Se non si salvaguardano realtà come l’Istituto si rischia di perdere un patrimonio culturale costruito nel corso dei decenni attraverso un approccio scientifico alla materia e messo continuamente in relazione con l’evoluzione della storiografia.
Troppo spesso si loda il patrimonio culturale italiano, dall’arte alla ricerca, come mezzo per uscire anche dalla crisi economica e occupazionale, ma altrettanto spesso ci si dimentica di coloro i quali valorizzano questo patrimonio con il quotidiano lavoro.