Sono tempi convulsi per la politica italiana. Da troppi anni ormai, ma la fase inaugurata dalla pandemia di Covid-19 è stato un ulteriore rimescolamento di carte nel sistema parlamentare e nelle istituzioni. La XVIII Legislatura, inaugurata dal voto del 2018, è stato un esempio classico di come i problemi e i limiti atavici della classe dirigente della Seconda (Terza in pectore) Repubblica si siano schiantati contro gli scogli delle necessità istituzionali e pragmatiche del Paese. Formazioni che mai avrebbero giurato di sedersi al fianco al tavolo delle trattative hanno dovuto o voluto prendere parte a esecutivi di coalizione; dall’alleanza M5S-Lega all’attuale governo Draghi, esteso dalla sinistra radicale al centro liberale e alla destra, anche le prese di posizione più manichee sono state smentite dai fatti.
La Seconda Repubblica ha tolto alla Prima dell’ideologia, la Terza alla fantomatica Seconda le idee.
Partiti in perenne ricerca di un leader, partiti con posizioni valoriali liquide, partiti in larga parte simili a comitati elettorali, partiti plasmati dal marketing politico, partiti che, a parole, non mancano mai di definirsi ispirazione di una “nuova” politica, senza mai specificare ove tale cambiamento implicherebbe un miglioramento. La politica italiana nell’era del Covid-19 è un fenomeno malleabile, duttile, in cui appare più che mai necessario capire le rotte future delle istituzioni e delle formazioni che animano il percorso istituzionale. I due governi Conte e l’inizio del governo Draghi hanno mostrato l’esistenza di un forte iato tra la tenuta solida di poteri stabili e continui – come quello del Presidente della Repubblica – e la caducità delle classi dirigenti partitiche, arrivate nel 2021 a eleggere una sorta di “Papa straniero” e che ne avvia, di fatto, il commissariamento.
Ma che prospettive ci sono per la politica nazionale? Dove si dirigeranno in futuro i partiti, quali divisioni ideali e sociali possiamo ritrovare al loro interno, quale prospettiva di Paese (se esiste) nei loro programmi? Capire le evoluzioni future è impossibile, se non si parte ragionando sull’esistente. E – per quanto a lungo messa alla berlina, criticata aspramente e incapace di reagire sul terreno alle accuse dell’anti-politica e a diversi luoghi comuni – la classe dirigente partitica odierna va capita, perché si trova a confronto con una Repubblica in un mare tempestoso e a dover soddisfare una domanda di partecipazione e di risposte a problemi profondi del Paese e dei cittadini che pare non avere precedenti nel secondo dopoguerra.
“Un leader, un partito”,il primo speciale congiunto di Osservatorio Globalizzazione e The Pitch, vi guiderà alla scoperta delle divisioni, delle ambizioni e delle prospettive dei partiti italiani. Per indagarne radicamento, essenza, contraddizioni, capire la visione del mondo in politica economica, politica estera e sulle questioni più importanti del presente. O stimolare una riflessione in tal senso, ove tale visione risultasse carente e lacunosa. Perché riteniamo la valorizzazione e il primato della politica principi guida fondamentali per il bene pubblico. Ci occuperemo di quello che i partiti non dicono: storia e prassi politica; politica economica ed estera; idee e visioni.
Complice questa “parentesi” fino –chissà- al 2023, prenderemo una pausa dalla cronaca e dagli scenari per fare quello che da troppo tempo i nostri partiti dovrebbero fare: una “radiografia” della nostra politica.