Una delle cose più complicate che viene chiesta ad un Creativo è la scelta del colore, in questo articolo parleremo di come la rivoluzione Francese e Napoleone hanno influenzato il nostro Tricolore, sia da un punto di vista artistico che storico.

Partiamo dal principio, tradizionalmente la scelta di un colore dipende da molti fattori come: la reperibilità delle materie prime indispensabili per realizzarlo; da fattori storico-sociali, ogni cultura associa un valore proprio al colore; da caratteristiche fisiche che ogni colore ha. Ad esempio ci sono alcuni colori che emanano delle frequenze particolari, i quali richiamano determinate sensazioni rispetto ad altre. Una tinta calda ci ricorderà che è tempo di andare a dormire, mentre una tinta più fredda di ci dirà che dobbiamo prestare attenzione e stare svegli.

Prima del 1857 quando viene fondata nel Regno Unito la Perkin & Sons e vengono inventati e industrializzati i primi colori sintetici, gli artisti di tutto il mondo dovevano essere in grado di auto prodursi i colori con elementi naturali (vegetali, animali e minerali). Ad esempio dalla pianta di Guado ottenevi l’indaco; dalle Barbabietola il rosso; dal Prezzemolo il verde ecc. Però se volevi ottenere un Blu più intenso e profondo dovevi usare i costosissimi Lapislazzuli un minerale che proveniva della Cina. Quindi molti artisti dell’antichità erano un po’ vincolati nell’uso dei colori nelle proprie opere. Come quello che accadde a Michelangelo nel 1512 con la Cappella Sistina, la volta è dipinta con un Blu meno intenso rispetto al Giudizio Universale. Perché nel primo caso i colori erano a carico suo. Mentre nel secondo caso i colori erano a carico del committente, Papa Giulio II. Quindi potè usare Lapislazzuli.

C’è da dire che per avere un rapporto più consapevole e razionale sul l’uso dei colori dovremmo aspettare il 1810 quando Johann Wolfgang von Goethe pubblica La teoria dei colori e poi gli anni 60’ del novecento con Johannes Itten e il suo Cerchio cromatico. Entrambi sono oggi una guida su come associare i colori.

Uno degli esempi più emblematici ante litteram delle esperienze di Goethe e Itten è il nostro tricolore, la bandiera italiana. Espressione non solo di unità nazionale ma anche e sopratutto di equilibri cromatici. Infatti sia da un punto di vista fisico che artistico rispecchia i principi teorizzati da Goethe e Itten. Il Verde e il Rosso sono colori complementari, ovvero se in forma di luci vengono mischiati otterremo una luce Bianca, che nella nostra bandiera è al centro. Per questo il nostro tricolore è un esempio ante litteram di equilibri cromatici ed è anche il motivo perché è sempre così attuale.

Cerchio cromatico di Itten

Anche se la sua formazione avvenne per motivi socio culturali, più che per un ragionamento fatto a tavolino da scienziati e artisti. La prima traccia documentata dell’utilizzo della coccarda tricolore italiana è datata 21 agosto 1789: negli archivi storici della Repubblica di Genova è riportato che testimoni oculari avessero visto aggirarsi per la città alcuni manifestanti aventi appuntata sui vestiti:

«[…] la nuova coccarda francese bianca, rossa e verde introdotta da poco tempo a Parigi […]»
(Archivio storico della Repubblica di Genova)

Le gazzette italiane dell’epoca avevano infatti creato confusione sui fatti francesi, in particolar modo omettendo la sostituzione del verde con il blu e il rosso e riportando l’erronea notizia che il tricolore francese fosse verde, bianco e rosso. Quello che oggi chiameremo “notizia non verificata” o “fake news”.

La prima volta che il tricolore si vede formalmente in Italia è stato il 10 maggio 1796 quando Napoleone entra trionfante a Milano con vessilli tricolore e le coccarde della “Legione Lombarda” promossa da lo stesso e con tutti i suoi uomini arruolati volontariamente nell’Armata d’Italia per combattere contro l’Austria. Il tricolore ufficialmente diventa bandiera nazionale l’anno seguente, il 7 Gennaio del 1797 a Reggio Emilia quando il Parlamento della Repubblica Cispadana, su proposta del deputato Giuseppe Compagnoni decreta:

Che si renda universale lo Stendardo o Bandiera Cispadana di Tre Colori Verde, Bianco, e Rosso, e che questi tre Colori si usino anche nella Coccarda Cispadana, la quale debba portarsi da tutti.

La prima bandiera tricolore era molto diversa da quella che conosciamo noi oggi, le strisce erano orizzontali con al centro una fascia bianca e al centro un astuccio da arciere che conteneva quattro frecce a simboleggiare le popolazioni di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia. Le le iniziali della Repubblica Cisalpina “R” e “C” poste ai lati.

I colori e la forma ovviamente non sono scelti a caso, oltre alla forte e marcata ispirazione della bandiera della Francia rivoluzionaria del 1789. I colori della bandiera francese furono scelti con una logica più araldica, il Blue e il Rosso erano i colori del fratello del Re, il conte d’Artois che poi divenne Carlo X. Mentre il Bianco era il colore dei Borboni in ossequio al re Luigi XVI che ancora regnante. Non è un caso che i colore della nostra nazionale di calcio sia un Blue molto chiaro, che oggi chiameremo azzurro. Esso deriva dai colori araldici della Casata dei Savoia di origine Francese, presente nella nostra bandiera sotto forma di nastro posto sul lato dell’asta questo fino al 1946.

La Libertà che guida il popolo, di Eugène Delacroix.

Da un punto di vista simbolico, l’idea di una bandiera tricolore è legato alle campagne Napoleoniche e alla Francia giacobina. Diversa è la storia dell’uso dei colori, fortemente ispirato alla città di Milano. Infatti, il Bianco e il Rosso sono i colori storici del capoluogo meneghino e del suo Ducato, mentre il Verde era il colore delle divise della Guardia civica Milanese del 1796.

Illustrazione: Legione Lombarda – Franco M. Zerbi. Rivista Militare Europea. Edizioni speciali edite da Rivista Militare 1987

Gli stessi colori sono presenti oggi in innumerevole arredi urbani della Città, come i “draghi verdi”, le fontane a forma di “drago” tipiche del capoluogo lombardo.

Fontana “Drago Verde” – Castello Sforzesco – Milano

Nel linguaggio araldico il Rosso richiama il sangue versato in battaglia, rappresenta il valore, l’audacia, la nobiltà ed il dominio; il Verde è simbolo della vittoria, dell’onore, dell’abbondanza; mentre il Bianco simboleggia la purezza, l’innocenza, la giustizia e l’amicizia. C’è da precisare che spesso che in araldica il Bianco veniva sostituito con l’argento perché più splendente. In oltre il Bianco era il colore dei Guelfi nell’Italia di Dante Alighieri. Insomma una scelta di colori profonda e azzeccata per il nostro tricolore se pur di ispirazione Napoleonica.

In seguito in tutto il periodo della Restaurazione dei regimi monarchici e la sconfitta di Napoleone il Tricolore venne soffocato e usato in maniera clandestina dai moti patriottici e alle rivolte mazziniane che iniziarono a percorrere tutta l’Italia. Lo stesso Re Francesco II di Borbone nel 1860 usò il tricolore negli ultimi mesi del suo Regno come vano tentativo di salvarlo, insieme alla proposta di una costituzione e a quella di trattare la pace con Re Vittorio Emanuele II. Ma i Garibaldini e l’Unità di Italia erano già alla porte.

Evoluzione della bandiera Italiana dal 1786 al 1946

Infatti il tricolore negli anni divenne non solo emblema di democrazia, libertà e unità nazionale, ma anche sinonimo di casa per tutti gli Italiani all’estero e speranza per i nuovi Italiani che attraversano il mare, spesso in situazioni estreme e con il sogno di una vita migliore nel nostro Bel Paese.