Facciamo un esperimento mentale.
Sei tra i dirigenti di un’azienda che pubblica videogiochi. Il medium sta diventando sempre più popolare, i giocatori sono sempre di più e lo stereotipo per cui chi gioca ai videogiochi è un nerd grasso e senza vita sociale è ormai in via di estinzione. Il futuro è roseo, il settore cresce di anno in anno e gli ormai decenni di storia del genere hanno creato un buon numero di proprietà intellettuali storiche adorate da un pubblico sempre più nostalgico.
Eppure, qualcosa ti cruccia. Non è più il mercato dell’usato – nonostante i tuoi tentativi di forzare i giocatori a pagare una tassa per giocare a giochi acquistati legalmente siano falliti, il settore sta comunque svanendo a causa della predominanza degli acquisti digitali. No, il problema resta sempre uno: i giocatori pagano una sola volta per qualcosa che gli offre giorni se non mesi di divertimento.

Che fare? Un sistema tardo-capitalista non può accettare che un consumatore ottenga così tanto valore da un singolo acquisto. Hai provato a inserire a forza il multigiocatore in ogni gioco, per servire contenuti scaricabili ai giocatori e spingerli a far comprare il gioco anche ai propri amici, con il risultato principale di rovinare la reputazione di alcuni dei tuoi franchise più rispettati.
Blizzard, oggi acquisita da Activision, era riuscita a risolvere il problema tramite un gioco in abbonamento – pagamenti mensili per un mondo di gioco condiviso. Ma ogni tentativo di imitarlo è fallito miseramente. Ha però insegnato una lezione importante: se offri ai giocatori un videogioco in costante evoluzione, invece di un singolo contenuto conclusivo, non solo i pagamenti regolari diventano accettabili ma la FOMO, Fear of Missing Out, la paura di perdersi qualcosa, li spingerà ancora di più a giocare regolarmente.
E il mondo dei videogiochi per cellulare è in grado di raccattare milioni al mese con investimenti molto minori…
Congratulazioni: hai scoperto i games as a service.

La vena di questa introduzione è satirica, ovviamente, ma questa evoluzione è tracciabile in maniera abbastanza fedele tra il 2000 e oggi. Perché far pagare i giocatori una volta quando possono trasformarsi in clienti regolari? D’altronde il software as a service ormai è lo standard, come sa chiunque ha visto Microsoft Office trasformarsi in Office 365 o ha mai provato ad acquistare Photoshop.
Ma se è il culminare di un processo partito anni fa, come si collega la questione al COVID? La risposta la si trova in due parole: Genshin Impact.
Cos’è Genshin Impact e come raccoglie alcuni dei più importanti trend del settore richiede spazio e conoscenze che è difficile riporre in un solo articolo – dire “è un action RPG open world cinese gacha F2P alla Breath of the Wild” lascia frastornato e confuso quasi chiunque. I numeri però li capiscono tutti, quindi parliamo di numeri: lanciato in piena pandemia a settembre 2020, Genshin Impact è un gioco gratuito che a marzo 2021 aveva già raggiunto il miliardo di dollari di fatturato.
Un miliardo di dollari in sei mesi, per un gioco cinese sconosciuto alla maggior parte del mondo. E gratuito.
Com’è possibile?

La risposta è che il COVID ha velocizzato enormemente processi già innescati da molto tempo. Il fatto che il mondo dei videogiochi sia cresciuto enormemente durante la pandemia è tanto evidente quanto ovvio a pensarci: resta uno dei modi più entusiasmanti di passare il tempo in casa, e di tempo in casa ne abbiamo passato tantissimo. E per chi non aveva troppi soldi, come abbiamo menzionato nell’introduzione, i giochi restano di gran lunga il più vantaggioso tipo di intrattenimento per euro spesi all’ora. Se non, addirittura, completamente gratuiti e disponibili anche sui cellulari – almeno per un primo assaggio, della durata anche di settimane.
E qui bisogna parlare di monetizzazione.
Quanti soldi fa un casinò? La domanda non è fatta a caso, perchè Genshin Impact è un gacha. Questi sono giochi in cui il giocatore può controllare personaggi sbloccati non attraverso il gioco, ma – e questo è il fulcro del genere – comprando la possibilità di estrarre casualmente uno dei personaggi disponibili. Paga la slot machine, tira la leva, se non è il personaggio che volevi paga di nuovo. E, dato che non dà la possibilità di ricevere soldi per una vittoria, non è legalmente categorizzabile come gioco d’azzardo – nonostante ne usi esattamente le stesse tecniche. Per chi comprava le carte dei Pokémon da bambino, la logica è quella.

Si tratta di una semplificazione estrema, ovviamente: tra decine di valute diverse, eventi a tempo, grinding e altri elementi la questione è (intenzionalmente) molto più complicata, ma il succo del discorso resta quello. Si, molto spesso è possibile ottenere i crediti necessari a un tiro di dado solamente giocando; ma in quasi ogni gioco richiede così tanto tempo che il giocatore è spinto a spendere soldi per velocizzare la cosa. Non che siano giochi brutti di per sé, anzi – molto spesso sono realizzati con una cura quasi maniacale – ma il rapporto tempo\denaro resta la prima considerazione.
Un altro gacha in grado di fare miliardi ogni anno? FIFA, la cui modalità multigiocatore è ormai interamente improntata al comprare pacchetti su pacchetti di atleti casuali, incrociando le dita per estrarre qualcuno dei più forti, o non si avranno speranze per giocare competitivamente online.
Genshin Impact è solo un esempio, e di meccaniche di questo tipo ce ne sono molte, declinate in molti modi diversi. FIFA, Fortnite, Apex Legends, Garena Free Fire, gli Avengers, tutti i giochi gacha da cellulare che spopolano enormemente come Ark Knights, la direzione è questa: un solo gioco, a ingresso (spesso ma non sempre) gratuito, pensato per estrarre quanti più soldi possibili dai suoi giocatori più fedeli tramite meccaniche di acquisto in cui è la fortuna a fare da discriminante.
E se finora il modello era stato applicato quasi unicamente ai nuovi arrivati, ormai da qualche anno anche i (precedenti) grandi nomi si stanno adeguando. PES diventa eFootball, gratuito e pieno di slot machine con cui sbloccare calciatori. Halo diventa Halo Infinite, sparatutto con componente multiplayer gratuita, pronto a monetizzare i suoi utenti vendendo adornamenti cosmetici. Assassin’s Creed diventa Assassin’s Creed Infinity, e se stai notando una tendenza a dare nomi che suggeriscono il continuare all’infinito, la scelta non sembra essere unicamente artistica.
A cosa porterà questa evoluzione, ancora è troppo presto per dirlo. Il mondo dei videogiochi vive di mode cicliche, questo è vero – dalle mascotte animali degli anni ’90 al periodo battle royale che sembra ormai in chiusura – ma visti i numeri, è difficile prevedere un ritorno a un passato con uno o due zeri in meno.
È la morte della tradizionale campagna a giocatore singolo, dicono alcuni sviluppatori. I numeri sono troppo grossi per convincere anche il più idealista di tutti i membri di un consiglio d’amministrazione. La forma che ha dominato il mondo dei videogiochi dalla sua nascita potrebbe estinguersi. Lunga vita al re.