Grazie agli studi effettuati recentemente sul Book of Hours di Anna Bolena da parte di Kate McCaffrey, studentessa e membro dello staff di Hever Castle, è stato possibile dare luce alla sensibilità e il rispetto di cui la sventurata sovrana godeva nella sua cerchia tutta al femminile.

Anna fu, secondo l’opinione popolare, superba e poco lungimirante; sulla seconda non ci sono molte obiezioni da poter fare, mentre per la prima forse una sottile giustificazione è dovuta: Anna era arrivata ad ottenere ciò che sembrava impossibile per una ragazza che, giovanissima, era arrivata a corte come dama di compagnia dell’allora legittima sovrana, Caterina d’Aragona. Aveva sedotto il Re d’Inghilterra Enrico VIII senza mai entrare nel suo letto ed era riuscita, in 7 lunghi anni, nella titanica impresa di convincerlo a lasciare definitivamente la moglie per farsi sposare. Aveva causato uno scisma religioso di dimensioni epocali, era arrivata alla sommità, era stata incoronata Regina, ma aveva calcolato male quanto la caduta avrebbe potuto essere rapida come la sua ascesa. E altrettanto drammatica.

Grazie però ad una giovane studentessa impiegata come assistente presso Hever Castle, la dimora d’infanzia di Anna, oggi possiamo forse aprire uno spiraglio che porti un po’ di luce sulla sua figura, vista da sempre come usurpatrice e illegittima.

Hever Castle, la dimora d’infanzia di Anna Bolena, nel Kent. Courtesy of Hhach

Anna, dopo soli tre anni di matrimonio, salì sul patibolo il 19 maggio 1536, e morì con un taglio netto della spada del boia francese che Enrico aveva fatto giungere appositamente, in un ultimo gesto pietoso. Era stata la compagna del Re per quasi dieci anni ma aveva fallito nel dargli un erede maschio e, dopo un frettoloso processo per tradimento ed incesto reso ancor più grave da accuse di stregoneria, era stata giudicata colpevole insieme ad altri tre uomini, tra cui suo fratello e un menestrello di corte. Tutti e tre erano stati accusati di aver giaciuto nel suo letto.

Prima di salire le scale in legno che l’avrebbero portata al ceppo, gli studi fanno credere che lasciò il libro di preghiere che l’aveva accompagnata nei giorni di prigionia ad una delle sue fidate dame di compagnia, Elizabeth Hill. Quella che finora era però solo una deduzione, pare essere stata confermata dagli studi di Kate McCaffrey, che vanno a sommarsi a quelli già effettuati sullo stesso volume e che avevano certificato che la proprietaria del libro fosse proprio Anna Bolena, grazie in particolare all’iscrizione: “Remember me when you do pray/That hope doth lead from day to day.” La frase faceva pensare al desiderio di ascesa della Regina, ambiziosa e apparentemente determinata nel piano che l’avrebbe portata al trono.

Kate McCaffrey e i recenti ritrovamenti sul volume The Book of Hours

McCaffrey ha analizzato il libro minuziosamente per la sua tesi di specializzazione, notando un dettaglio che era sfuggito agli storici prima di lei: un segno, quasi un graffio su una delle pagine che ha attirato la sua attenzione e ha rivelato, sotto la luce ultravioletta, la presenza di alcune iscrizioni che riportano i nomi delle figure, in maggioranza femminili, che si sono tramandate il prezioso manoscritto per anni, a partire proprio dalla più fidata dama di compagnia della sovrana, Elizabeth Hill.

Nel libro sono stati scoperti i cognomi di tre famiglie: Gage, West e Shirley, riportati tutti attorno a quello dalla famiglia Guildford di Cranbrook, nel Kent. Tutte fanno parte della cerchia di parenti di Elizabeth Hill, nello specifico la madre, la sorella, la zia e lo zio. Un passaggio di testimone fondamentale per far giungere il volume nelle mani della destinataria prescelta, la figlia di Anna Bolena, Elisabetta I che all’epoca della morte della madre aveva solo due anni.

La rete di fiducia che ha portato il Book of Hours alla salvezza ha attraversato momenti di sicuro pericolo, in quanto Enrico VIII ebbe tutta l’intenzione di cancellare definitivamente Anna Bolena dalla storia inglese e con ancor più convinzione dalla sua: dopo undici giorni sposava Jane Seymour e faceva bruciare tutto ciò che era appartenuto alla precedente Regina. Essere trovate in possesso del libro voleva dire una certa accusa e una condanna per tradimento.

Anna Bolena e l’inconfondibile gioiello con la sua iniziale. Courtesy of Getty Images / Robert Alexander

Fu Mary, la figlia di Elizabeth Hill a consegnare il volume nelle mani di Elisabetta, di cui era amica d’infanzia. La futura Regina manteneva un amorevole ricordo della madre e intendeva fortemente riqualificare la sua immagine.

Questo ritrovamento ha un significato profondo: all’epoca della morte di Anna Bolena neanche una Regina poteva sovvertire il potere di un uomo. Enrico VIII non era più il benevolo sovrano dei primi anni di matrimonio con Caterina d’Aragona, non aveva più tempo e non intendeva avere ostacoli sul suo cammino, anche se si trattava della compagna che lo aveva convinto a procedere nello scisma dalla Chiesa di Roma e a sposarla, contro l’opinione di tutti.

Se un uomo fu la causa della sua morte, fu una sottile rete di amicizia e solidarietà femminile che riuscì a portare avanti il suo ricordo, conservando preziosamente l’inestimabile manoscritto per farlo arrivare, dolorosa testimonianza, nelle mani di Elisabetta. Tanto hanno significato l’impegno che le amiche hanno accettato e portato avanti nei confronti della sovrana e della figlia, e il desiderio di riscatto di queste stesse figure femminili.

A queste donne Anna – e la Storia – non possono far altro che dire grazie.

BIBLIOGRAFIA

http://onthetudortrail.com/Blog/

https://www.hevercastle.co.uk/news/new-research-anne-boleyn-prayer-book/

https://news.artnet.com/art-world/anne-boleyns-execution-prayer-book-1972089