Dixit, sette domande a…” è lo spazio interviste di Olympia. Una rubrica dedicata ai personaggi del mondo dello sport, che ci riveleranno i segreti dei loro successi, le strategie, gli aneddoti e le curiosità provenienti dal dietro le quinte degli spogliatoi, dei campi e delle palestre, in un confronto diretto, smart ed estremamente incisivo. Dixit, sette domande a… Davide Mazzanti.

Davide Mazzanti, 45 anni, dal 2017 Head Coach della Nazionale femminile di pallavolo, è uno abituato a vincere. Lo dice il suo palmares: scudetto con Bergamo e Casalmaggiore, oro al Campionato Europeo 2021 disputatosi in Serbia, sulla panchina Azzurra. A questi si vanno ad aggiungere prestigiosi piazzamenti, come i due argenti al World Grand Prix nel 2017 e al Campionato Mondiale nel 2018, nonché il bronzo all’Europeo 2019.

Un’abitudine piacevolissima, che certamente non stanca mai. Consuetudine che si è interrotta una volta soltanto, la scorsa estate, all’Olimpiade di Tokyo, proprio quando forse la sua squadra era più attesa. Mazzanti non ha mai cercato scuse, la delusione è stata enorme, ma anziché andare a caccia di fantasmi è tornato in palestra con le sue ragazze, per gettare le fondamenta di quello che è il successo più importante della sua carriera, fino ad ora. Con lui parliamo proprio di questa impegnativa estate, che ha visto lui e la sua squadra essere protagonisti, nel bene e nel male.

Coach, sensazioni dopo la vittoria agli Europei?

Devo dire che è stata un’estate complicata. La vittoria dell’Europeo non è stata figlia della delusione vissuta alle Olimpiadi, sono stati due eventi distinti, differenti, che non hanno alcun legame tra loro. Il rammarico non è aumentato, né ha avuto sollievo la delusione. È stata una grande gioia, ho visto tante persone emozionate al nostro ritorno in Italia, questo mi ha dato la reale dimensione della nostra impresa. Tanta gente si identifica con quello che facciamo, questo è una sensazione davvero particolare.

Cosa ha avuto in più la sua squadra agli Europei e cosa è invece mancato alle Olimpiadi?

Non lo so. Sarebbero tanti gli aspetti da andare a valutare, posso però affermare che comunque si è trattato di dettagli. Ci sono cose che abbiamo fatto meglio a Tokyo, come ad esempio dimostrano i numeri in ricezioni, mentre in attacco abbiamo fatto meglio al Campionato Europeo. Sono sfumature sottili, che fanno la differenza tra vincere e perdere.

Ha avuto sentore che alcune delle ragazze si sentissero schiacciate dalla responsabilità, durante la rassegna a cinque cerchi?

Anche questo non lo so. C’era certamente molta attesa nei nostri confronti, non so dire se questa attesa abbia pesato più su alcune piuttosto che su altre. Era una competizione che sentivamo molto, e certamente molto diversa rispetto a un Europeo.

Quanto è stato complicato doversi rimettersi in gioco in poche settimane?

È stato complicatissimo rimettersi in gioco, la delusione è stata grandissima. Quando siamo tornati in palestra avevamo l’umore a terra, ma abbiamo continuato fare una pallavolo di qualità. L’amarezza non ha intaccato le nostre abilità, dovevamo solo recuperare consapevolezza. Soprattutto affrontando avversari, come la Serbia, che in questi anni ci hanno messo in difficoltà.

Qual è stato il momento chiave per il successo nel torneo continentale?

Siamo cresciuti all’interno della manifestazione, l’alto livello degli avversari che abbiamo affrontato ci ha permesso di progredire vincendo. La chiave di volta è stata la nostra interpretazione della finale, siamo riusciti a fare due cose che con la Serbia non eravamo mai riusciti a fare: recuperare uno svantaggio molto grande, come accaduto nel terzo set, e imporre il nostro ritmo partita nel set successivo.

La pallavolo azzurra è in grande crescita, lo testimonia anche la vittoria all’Europeo della squadra maschile. È azzardato pensare a nuova generazione di fenomeni?

Tutto è possibile, ma se è molto difficile arrivare ad alto livello, ancora più difficile è restarci. Sia noi che i ragazzi abbiamo fatto qualcosa di nuovo e di diverso, rispetto agli ultimi anni. Ora bisogna trovare stimoli nuovi e alzare il livello del nostro gioco per stare attaccati al treno delle grandi squadre.

Qualche settimana fa è stato premiato col Tartufo d’Oro, lei si sente altrettanto pregiato?

Oddio, in realtà ho vinto anche la castagna. Comunque l’autunno non mi fa impazzire, e questi sono tutti frutti autunnali…

Ascolta l’intervista integrale a Davide Mazzanti su The Pitch Podcast.