Nelle pagine di gran parte dei quotidiani nazionali si torna a titolare Mamma Li turchi”, come è possibile? Cento anni fa la fine della Prima Guerra Mondiale sembrava aver definitivamente avviato il mondo turco nell’alveo del mondo occidentale. Quel  10 agosto 1920  segnò indelebilmente l’animo di chi aveva creduto alle Tanzimat (riforme interne) del gigante dai piedi d’argilla, in primis quei Giovani ottomani di cui Mustafa Kemal faceva parte. 

Guardando quel pezzo di storia con occhi turchi, possiamo dire che il funerale dell’Impero – che formalmente resisterà per altri tre anni: fino al 1923 quando il Trattato Losanna pose fine alla guerra d’indipendenza contro gli Alleati che avevano occupato e ripartito parti dell’Impero sconfitto nella prima guerra mondiale, e a compimento l’azione di Mustafa Kemal portò alla proclamazione della repubblica – fu celebrato non solo dalle potenze europee vincitrici, con Gran Bretagna in testa, ma soprattutto dal mondo arabo che era diventato una spina nel fianco della Sublime Porta. Lo sviluppo del movimento wahabita portò la questione religiosa ad un livello politico, cercando di ristabilire l’antica funzione dei custodi dei luoghi sacri.

La dinastia che oggi guida l’Arabia Saudita ha profonde radici nel misticismo e nel puritanesimo della dottrina del primo predicatore che si pose come punto di riferimento della penisola arabica contro la moralmente corrotta Istanbul.
Superate le questioni interne di debolezza dell’Impero, la pace di Sevrès, dal punto di vista internazionale, fu una pace punitiva (come quella nei confronti degli altri imperi centrali), che – seppur  rinegoziata nel 1923 dal movimento dei giovani turchi che depose definitivamente l’ultimo Sultano –  non riuscì a risolvere le questioni rimaste aperte dalla dissoluzione di un impero che per cinque secoli aveva amministrato un territorio multietnico e multiconfessionale. 

Il trattato di Sevrés impose dei limiti territoriali all’Impero, circoscrivendolo all’odierna Turchia

Notizia dell’accordo si Sevrés a pag. 5 della Stampa del 15 agosto 1920. ©La Stampa

Per comprendere quale sia l’eredità del trattato nelle odierne dispute nell’area, diamo uno sguardo ad alcuni articoli, che seppur non ratificato, costituì il modello per il trattato di Losanna del 1923 con cui la neonata repubblica turca pose fine alla Prima Guerra Mondiale e all’Impero Ottomano.

Il testo del Trattato di Sevres è stato ratificato sotto la supervisione delle principale potenze Alleate: Impero Britannico, Francia, Italia e Giappone; da una parte, dalle potenze Alleate di Armenia, Belgio, Grecia, Hegiaz, Polonia, Portogallo, Romania, Stato Serbo-Croato-Sloveno e Cecoslovacchia; dall’altra, la Turchia che aveva posto fine alle ostilità della Prima Guerra Mondiale con l’ armistizio di Mudros ma si trovava impegnata nell’ennesimo conflitto contro il vicino greco.

Con il trattato di Sèvres, l’Impero ottomano, già drasticamente ridimensionato col trattato di Londra del 1913, si ritrovò ridotto ad un modesto Stato entro i limiti della penisola anatolica, privato di tutti i territori arabi e della sovranità sugli stretti del Bosforo e dei Dardanelli. Al contrario la Grecia portava a compimento la “Megali Idea“, guadagnando le città di Adrianopoli e Smirne – sogno a cui le trippe di Ataturk Musta Kemal posero fine nel 1922.

French and Turkish military officials meeting in Turkey after the defeat of the Ottoman Empire in World War I, December 1918. Original publication: L’Illustration’ 14th December 1918. © Hulton Archive/Getty Images.

Il trattato inizia confermando la neutralità degli Stretti durante il conflitto greco-turco (artt.59-61), istituendo una commissione. Passa poi a definire il regime giuridico di Smirne (art. 74) e quello dell’arruolamento di greci ottomani a Smirne
(artt. 76, 80, 83).

Si passa poi a ridefinire la carta geografica del Medio oriente, abolendo le Capitolazioni di Smirne (art. 88) con cui la Turchia riconosce l’Armenia come Stato libero e indipendente e ammesso alla società delle Nazioni (artt.89-93).
Il trattato, inoltre, prevede ampie tutele per le minoranze presenti in Turchia e, ai suoi articoli 92 e 94, garantiva ai Curdi la possibilità di ottenere l’indipendenza all’interno di uno Stato, i cui confini sarebbero stati definiti da una commissione della Società delle Nazioni designata ad hoc.
Si ripresero in mano i discorsi avviati nel corso della guerra – con la dichiarazione Balfour, gli accordi Sykes-Picot, e poi a Versailles – sul destino dei territori mediorentali, i progetti di un mandato francese sulla Siria ed il Libano e di mandato britannico sulla Palestina e Iraq (Mesopotamia), con l’idea di una National Home ebraica. Si istituisce una Commissione dei Luoghi Santi (art. 98).

Si definiscono questioni territoriali che coinvolgono anche il nostro paese: insieme allo status dell’Hegiaz in Arabia Saudita e del Sudan (art.121 e 122), si conferma la sovranità italiana sulle isole del Dodecanneso.

Sulle spoglie dell’impero si fiondarono la Grecia e l’Italia attraverso due corpi di spedizione volti a reclamare il possesso delle isole del Dodecanneso e del territorio attorno alla città di Smirne. La prima voleva formare la Megale Hellas la seconda reclamava i territori del patto segreto di Londra del 1916. All’occupazione del territorio metropolitano turco si aggiunse l’occupazione britannica e francese della Palestina e dei territori arabi.

La memoria della  liquidazione di un impero con quasi mezzo millennio di storia è alla base della contemporanea politica regionale della Turchia, che sulla base di pretese storiche cerca di guadagnare spazio in un mare, il Mediterraneo diventato terreno di scontro di diverse potenze. Il mancato assetto secondo i principi wilsoniani e la brama di territori mediorientali da parte di Francia e Gran Bretagna (Accordi Sykes-Picot) hanno creato un substrato ideologico che a cento anni di distanza sta riportando alla luce  l’orgoglio degli antichi guerrieri delle steppe.