Emilia paranoica, le subculture politiche sono morte?

Nella Prima Repubblica tutti i partiti, dal Pci all'Msi passando per i repubblicani e i socialisti, avevano i propri "feudi". E oggi?

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…e infine il mio quartiere
dove il Partito Comunista prendeva il 74%
e la Democrazia Cristiana il 6%

[Offlaga Disco Pax, Robespierre]

Con queste parole 15 anni fa Max Collini, mente e voce della band new wave reggiana, chiudeva la canzone-manifesto del gruppo. Una catena di ricordi in libertà – a partire dalla madeleine che dà il titolo al pezzo – tutti legati in qualche modo alla sua infanzia. Sua e di chiunque avesse meno di dieci anni a metà anni ’70 nella provincia emiliana: un’infanzia intrisa, volenti o nolenti, di politica. Nemmeno la toponomastica ne era immune – come Collini non perde occasione di ricordare – e non poteva essere altrimenti perché in quegli anni Emilia-Romagna era sinonimo di Partito Comunista Italiano. Che proprio nel ’75, l’anno richiamato in Robespierre, raccoglierà il suo miglior risultato alle elezioni regionali: un plebiscitario 48,2% in grado di fargli quasi doppiare la Democrazia Cristiana da trent’anni al governo del Paese. È allora che l’espressione “regione rossa” diventa un dogma inscalfibile.

Regionali 1975: le macchie bianche nel mare di rosso sono i collegi (estesi ma poco popolosi) della Dc [© Wikipedia]

Nell’Italia democristiana fino al midollo l’Emilia-Romagna ha costituito la più irriducibile delle eccezioni e insieme la rampa di lancio ideale per un partito che, relegato da scelte interne e da fattori esterni a una tanto tenace quanto inevitabile opposizione sul piano nazionale, si scopriva a livello locale forza di governo capace e responsabile. Il Pci in Emilia eredita l’esperienza della lotta al nazi-fascismo – qui più traumatica che altrove in termini di perdite – ma anche delle lotte sindacali di braccianti e operai e delle prime cooperative, simbolo e insieme fulcro della vita socio-economica della regione. I comunisti, intransigenti e tacciati di massimalismo in Parlamento, in Regione si scoprono riformisti e danno vita a un modello di welfare destinato a fare scuola nel resto d’Italia e anche d’Europa. L’Emilia rossa, delle coop, ricca ma solidale, l’Emilia di Don Camillo e Peppone, diventa un cliché.

E, come tutti i cliché, anche questo è condannato a essere smentito dalla storia. Dopo una lunga rincorsa – iniziata secondo molti con l’inattesa vittoria nel ’99 di Giorgio Guazzaloca, tuttora unico sindaco non di sinistra nella storia della “rossa” Bologna– il centrodestra nel suo complesso, e la Lega nello specifico, sono riusciti a far crollare anche l’ultimo muro: alle politiche del marzo 2018 lo storico sorpasso della coalizione di Berlusconi-Salvini-Meloni ai danni di quella di Matteo Renzi e poi, alle Europee dello scorso maggio, il crollo dell’ultimo tabù. Lega primo partito, Pd costretto a cedere lo scettro. In mezzo, nel 2012, anche il primo sindaco grillino di un capoluogo di provincia (Pizzarotti a Parma) e la perdita da parte del centro-sinistra di altre storiche roccaforti, tutte espugnate dalle truppe del “Capitano”: da Piacenza a Forlì, passando per Ferrara, l’ultima a cadere nel giugno scorso.

Ogni confronto con la cartina qui sopra sarebbe assolutamente impietoso [© Università degli Studi di Torinio]

In Italia il concetto di “subcultura politica” fu introdotto per la prima volta negli anni Sessanta dai ricercatori dell’Istituto Cattaneo che, per tentare di spiegare il comportamento elettorale degli italiani, divisero il Paese in sei zone scoprendo che due di queste erano politicamente schierate: il Triveneto “bianco” e il centro-nord “rosso”, per l’appunto. Entrambe caratterizzate da forme di solidarietà di tipo localistico (parrocchie e case del popolo, per tornare al cliché di cui sopra) e da reti istituzionali facenti direttamente capo ai due grandi partiti di massa. Una sorta di “feudalizzazione” che affonda le proprie radici nella seconda metà dell’Ottocento ma che entra a pieno titolo nell’immaginario collettivo solo negli anni della Prima Repubblica. Anni in cui però delle “roccaforti” elettorali, magari di dimensioni più ridotte, le avevano più o meno tutti i partiti dell’arco parlamentare.

Basti pensare al Partito Repubblicano Italiano (Pri), mai salito oltre il 5% dei consensi su scala nazionale eppure radicatissimo in alcuni collegi storici: dal litorale toscano alla Sicilia occidentale, dal Lazio settentrionali al vero e proprio “feudo” rappresentato dalla Romagna. Per non parlare del Psi che – anche prima del quindicennio craxiano – aveva in Milano il proprio quartier generale o dell’altrettanto inscalfibile tradizione del Movimento Sociale Italiano (Msi) in alcune città del Mezzogiorno: Napoli, Reggio e Catania su tutte. Discorso analogo si può fare per il Partito Liberale Italiano (Pli) in Piemonte e in particolare a Cuneo, senza dimenticare che anche all’interno delle due zone sopraccitate sono sempre esistite sacche di resistenza: è il caso della “bianca” provincia di Lucca nel bel mezzo della “rossa” Toscana e, viceversa, della tradizione comunista di Venezia, capoluogo di un feudo Dc.

Bologna, elezioni politiche 1953. Una volta qui era tutta campagna (elettorale) [© Il Resto del Carlino]

Tutti discorsi e rappresentazioni che da almeno 25 anni non hanno più alcun senso di esistere. L’erosione della matrice ideologica tradizionale, uscita malconcia dal terribile uno-due infertole dalla fine della Guerra Fredda e dalle inchieste di Mani Pulite, e l’emergere di nuove forme di civismo slegate dalla comunità locale hanno fatto sì che l’intera politica italiana perdesse alcune specificità regionali che l’avevano caratterizzata per un secolo abbondante. La crescente polarizzazione, poi, ha fatto il resto: oggi chi vince, lo fa praticamente ovunque, senza molte distinzioni di sorta. Tanto che, per l’appunto, non esistono più roccaforti inespugnabili. O meglio: mentre la “zona bianca” si è ormai da tempo tinta di verde, anche quella “rossa” – dopo un fugace sbandamento in direzione dei 5 stelle – rischia di fare la stessa fine. Dipende da quanto sarà lunatica questa domenica.